Speranza: Lombardia rossa fino al 31

Il ministro boccia l'ipotesi di una zona arancione da lunedì. Oggi l'udienza al Tar

Speranza: Lombardia rossa fino al 31

Lombardia con il fiato sospeso fino a questa mattina. Dopo le 24 ore canoniche dalla deposizione del ricorso da parte della Regione Lombardia contro il governo per la collocazione della Lombardia in fascia rossa, il silenzio da parte del tribunale amministrativo stava diventando assordante avvolgendo nell'imbarazzo i vertici regionali e lo stesso Ministro della Salute Roberto Speranza che il suo verdetto l'aveva già dato in mattinata. Nel tardo pomeriggio la convocazione dell'udienza del giudice monocratico della sezione 3^ quater del Tar del Lazio, prevista alle 12.

Il mattinata intanto il ministro Speranza aveva gelato ogni ipotesi di intese per evitare che la Lombardia rimanesse in lockdown fino al 31 gennaio, ipotesi sostenuta dal cambiamento dei dati su cui si basa il Dpcm del 14 gennaio. Già martedì sera era circolata l'indiscrezione sulla possibilità di una intesa tra la Regione e il Governo per rivedere i dati, contestati dalla regione, e abbreviare i tempi. Eventualità che il ministro ha smentito categoricamente: «Non faccio accordi. Le misure sono su base di documenti tecnici e scientifici». Dati discordanti dalla realtà come l'indice Rt, che secondo il governatore lùmbard Attilio Fontana collocherebbero la regione in zona arancione e non rossa. Un'ipotesi che avrebbe tolto d'impaccio lo stesso ministro e dato una boccata d'ossigeno, quanto mai necessaria, alla locomotiva d'Italia, stremata dalla doppia ondata pandemica e dall'ennesima chiusura. Chiusura che comprende i negozi al dettaglio e le grandi catene di abbigliamento, i ristoranti e ai bar con addirittura il divieto di asporto dopo le 18, e le scuole (la seconda e la terza media e le superiori) e che vale decine di milioni di fatturato perso al giorno. Tanto da essere definita dal neo assessore allo Sviluppo economico Guido Guisi «un attentato al sistema produttivo locale».

Così mentre ieri il segretario generale di Confcommercio Milano Lodi, Monza e Brianza Marco Barbieri invita il sindaco di Milano Beppe Sala «a battere i pugni sul tavolo per avere ulteriori ristori dal Governo», i ristoratori oggi consegneranno simbolicamente cesti di cibo scaduto per il lockdown e le chiavi dei loro locali al Prefetto Renato Saccone in segno di resa.

Ed era questo anche il senso delle parole del vicepresidente della Lombardia e neo assessore al Welfare Letizia Moratti, seppur travisate, quando chiedeva al Commissario straordinario per l'emergenza Domenico Arcuri una distribuzione dei vaccini in base anche ai dati economici delle regioni: la locomotiva d'Italia non si può fermare di nuovo. Anzi, deve essere messa nelle condizioni, tra vaccini e corretta collocazione «nelle fasce», di riprendersi, per il bene di tutto il Paese.

«L'aggiornamento dei criteri e la predisposizione di un sistema efficace di misurazione del rischio e dell'incidenza si mostra essenziale per garantire che la compressione delle libertà fondamentali dei cittadini risulti ancorata ai principi di adeguatezza e proporzionalità- è quanto si sottolinea nel testo del ricorso -.

«Tale misura, che incide in modo indifferenziato su un tessuto economico già duramente provato dai provvedimenti emergenziali adottati nell'ultimo anno, invece, oltre a non apparire proporzionata rispetto alla effettiva situazione sanitaria ed epidemiologica del territorio lombardo, origina un pregiudizio irreparabile (forse, considerate le peculiarità del caso, sarebbe più corretto dire non ristorabile), alla cui tutela viene chiamato il giudice amministrativo».

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