Nuovo capitolo della lunga vicenda giudiziaria dell'ex presidente francese, Nicolas Sarkozy (nella foto). L'ex capo dell'Eliseo si è visto confermare dalla Corte di Appello di Parigi la condanna a un anno con sei mesi di condizionale, da scontare ai domiciliari e con il braccialetto elettronico.
Si tratta del caso Bygmalion, l'inchiesta sulle spese illecite risalenti alla campagna presidenziale del 2012. La giustizia francese ha stabilito che Sarkozy, che fu sconfitto daFrancois Hollande, fosse stato informato del fatto che le fatture relative all'organizzazione dei suoi incontri stavano lievitando oltremisura. Nel 2021 Sarkozy era stato condannato a un anno ma senza condizionale. I sei mesi restanti verranno scontati con pene alternative al carcere, scelte da un giudice entro 30 giorni. L'ex presidente si è sempre proclamato innocente, e anche nel caso in cui riuscisse a passare tutto il periodo ai domiciliari, agli occhi dell'amministrazione penitenziaria avrà sempre lo status di detenuto. Intanto i suoi avvocati hanno fatto sapere che comunque faranno ricorso alla Cassazione. «La sentenza della Corte d'appello è molto discutibile», ha detto Vincent Desry.
Il tetto autorizzato per la campagna elettorale, cioè 22,5 milioni di euro, era stato polverizzato dal candidato dell'Ump poiché era stimato in 42 milioni. I giudici inquirenti non sono riusciti a dimostrare che il candidato fosse direttamente coinvolto in queste manipolazioni contabili, orchestrate con la società di comunicazione degli eventi Bygmalion (da qui il nome del caso) e dirigenti del partito. Per questo motivo l'ex presidente della Repubblica si è reso responsabile solo di finanziamento illecito di una campagna elettorale, reato punibile con un anno di reclusione e 3.750 euro di multa.
L'ex presidente era già stato condannato in appello per il cosiddetto caso «intercettazioni Paul Bismuth» a tre anni di carcere, di cui uno a tempo determinato (da scontare con braccialetto elettronico), accompagnati da tre anni di privazione dei diritti civili ed è atteso da un procedimento sul presunto «finanziamento libico» della sua attività politica.
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