Il ritardo lo vedi scritto in cielo, con un sole caldo e neppure una nuvola a intralciare. Però sulle spiagge, tra gli stabilimenti balneari nessuno si è ancora messo al lavoro. «Si aspetta e si aspetta, siamo bloccati senza sapere come muoverci», spiega Roberto Santini del Bagno Piero di Forte dei Marmi. «La nostra attività è come un circo, abbiamo bisogno di settimane di lavoro prima di poter ricevere i clienti, dobbiamo montare le strutture, i camminamenti in modo che anche i disabili e gli anziani abbiano un accesso in sicurezza, ora con l'emergenza coronavirus dovremmo sanificare, mettere dei distanziatori. E invece aspettiamo, siamo qui immobili, ed è uno strazio». Quello che preoccupa è la mancanza di informazioni. Mancano le direttive, mentre il tempo passa. Il mondo del turismo balneare protesta e chiede al governo indicazioni chiare. Ieri oltre 350 stabilimenti balneari della Versilia hanno partecipato all'iniziativa avviata da Confcommercio e dalle associazioni balneari di Viareggio, Lido di Camaiore, Marina di Pietrasanta e Forte dei Marmi. Per un'ora sono rimasti aperti, senza clienti, per protestare contro la mancata apertura per la fase 2.
«Qui si rimbalzano la palla, dal 3 marzo chiediamo un incontro con le Istituzioni perché vogliamo risposte, il governo deve avviare subito un confronto e cercare di dare input a un comparto che conta 30mila imprese e 300mila addetti», rincara la dose Fabrizio Licordari, presidente nazionale di Assobalneari. E racconta di aver inviato diverse lettere ai rappresentanti dell'esecutivo, la prima a Conte e a Borrelli, l'ultima del 19 aprile alla Task force governativa, «ma sono rimaste tutte senza un riscontro. Colleghiamoci su una piattaforma social per fare un incontro per capire come dobbiamo riorganizzarci. La nostra preoccupazione non è il quando ma il come». C'è rabbia e c'è la netta sensazione che ci siano troppi soggetti coinvolti, c'è il ministro per il Turismo Dario Franceschini che assicura: «Apriamo, dobbiamo aprire», ma manca quel passo in più per colmare la solita distanza tra il dire e il fare. «Oggi più che mai gli stabilimenti balneari sono una risorsa preziosa per il controllo, spiega Alessia Berlusconi in prima linea nella battaglia per la riapertura, lei che nel 2017 ha fatto risorgere il Bagno Alcione, a Forte dei Marmi. «Noi che lavoriamo in questo settore sapremmo bene quali misure adottare per la sicurezza di tutti, basterebbe ascoltarci. E poi - prosegue - non dimentichiamoci che c'è un tema sociale. Io ad esempio ho 30 stagionali che stanno aspettando di capire se potranno lavorare o no, famiglie che si basano su questo impiego per andare avanti, ecco, tutto questo non è giusto neppure per loro». Parli con loro ed effettivamente ti accorgi che le misure loro le hanno ben presente, e non solo per il distanziamento, come dice Santini, «noi la distanza l'abbiamo sempre messa in atto, anche senza Covid. Tra una tenda e l'altra ci sono oltre 3 metri e mezzo, quest'anno faremo 4». Hanno già pensato agli scanner all'ingresso, alle autocertificazioni, agli ingressi contingentati in piscina e a percorsi prestabiliti per evitare il caos.
Ma resta un tema che spaventa e che la categoria chiede di rivedere: «Se un mio dipendente si
ammala di Covid - dice Fabrizio Larini dei Bagni di Villa Grey - secondo il governo non è malattia ma incidente sul lavoro. Ha idea di cosa significherebbe per noi?». Restano troppe domande a cui nessuno per ora risponde.
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