Spiavano il governo, calciatori e cantanti. La denuncia di Crosetto sul furto dei dati

Le intrusioni illegali hanno colpito in prevalenza esponenti del centrodestra. Il silenzio imbarazzato della sinistra

Spiavano il governo, calciatori e cantanti. La denuncia di Crosetto sul furto dei dati
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Un anno vissuto rumorosamente. Era agosto 2023 quando l'indagine sulla diffusione non autorizzata di dati riservati di vip e politici deflagrò sul Palazzo. Successe qualche mese dopo che gli investigatori s'erano messi in moto su una denuncia sporta da Guido Crosetto, ministro della Difesa, nell'ottobre 2022, poiché sul quotidiano Domani erano apparsi una serie di articoli su un suo possibile conflitto d'interessi che contenevano anche dati finanziari riservati del ministro. Come erano arrivati sulle scrivanie dei giornalisti? Per la Procura di Roma (e poi di Perugia), grazie a centinaia di accessi abusivi a banche dati riservate a disposizione della Direzione nazionale antimafia. Accessi effettuati dal tenente Gdf Pasquale Striano (che proprio alla Dna lavorava nell'ufficio che si occupava delle Segnalazioni di operazioni sospette, il cui coordinatore era il procuratore Antonio Laudati) che, oltre a Crosetto, avevano riguardato altre decine di personaggi noti, non solo politici soprattutto di centrodestra - ma anche cantanti e calciatori. L'inchiesta passò a Perugia perché, oltre agli 800 accessi abusivi riconducibili a Striano, era finito indagato anche Laudati, che avrebbe richiesto direttamente, in almeno quattro occasioni, accessi abusivi alle banche dati per confezionare dossier da mandare a giornali o a procure.

Abbastanza perché il centrodestra Lega in testa, visti i tanti esponenti del Carroccio che sarebbero stati attenzionati e gli altri politici coinvolti tra loro Renzi gridassero al dossieraggio, anche perché tra gli indagati erano poi finiti anche tre giornalisti del Domani, che avrebbero ricevuto da Striano quelle informazioni acquisite illegalmente. «Vergogna di stampo sovietico», ringhiò Salvini. Mentre in tanti accusavano di «silenzio assordante» la sinistra, che di suo invitava a «non strumentalizzare» il caso contro la Direzione antimafia e contro la magistratura in genere.

Ma gli accessi «mirati» sembravano fatti apposta per incendiare gli animi: Striano aveva «setacciato» i database a cui aveva accesso cercando informazioni su Marina Calderone, Francesco Lollobrigida, Gilberto Pichetto Fratin, Adolfo Urso e Giuseppe Valditara, poi divenuti rispettivamente ministri del Lavoro, dell'Agricoltura, dell'Ambiente, delle Imprese e del Made in Italy e dell'Istruzione. E il procuratore di Perugia Cantone aveva confermato l'enormità del caso in Parlamento, parlando a Copasir e commissione Antimafia di numeri «mostruosi», di migliaia di accessi, del sospetto della presenza di «mandanti» che avessero alimentato questo «verminaio».

A far pensar male, anche il fatto che Striano era informato delle indagini da tempo: la procura di Roma, all'alba dell'inchiesta, a novembre 2022, chiese informazioni sul tenente proprio a Laudati. E solo nel marzo del 2023 telefono e pc di Striano vennero sequestrati.

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