Stangata su Navalny: altri 19 anni di cella Lui: dovete resistere. L'Occidente condanna

Sentenza durissima per il dissidente accusato di "estremismo". Alla lettura un sorriso e un abbraccio. Per Biden "è la fine iniqua di un iniquo processo"

Stangata su Navalny: altri 19 anni di cella Lui: dovete resistere. L'Occidente condanna
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Alexei Navalny si aspettava una condanna «stalinista» e quindi pesante ed è stato stalinianamente (e putinianamente) accontentato: 19 anni di condanna in una colonia penale di massima sicurezza, appena uno in meno dei venti chiesti dalla pubblica accusa. E quello sconticino suona come un ultimo beffardo schiaffo al dissidente che con questa sentenza diventa ufficialmente il nemico pubblico numero uno dello Zar. Un martire, un prigioniero politico. Che su Twitter parla di sentenza che «non riguarda me, ma voi che siete spaventati e privati dalla volontà di resistere» dalla «banda di traditori, ladri e mascalzoni che hanno preso il potere», parlando evidentemente ai russi. Che ammonisce così: «Putin non deve raggiungere il suo obiettivo. Non perdete la volontà di resistere. Diciannove anni in una colonia penale di massima sicurezza. Il numero di anni non ha importanza. Capisco perfettamente che, come molti prigionieri politici, sono condannato all'ergastolo. Dove la vita è misurata dal termine della mia vita o dal termine della vita di questo regime». Un giornalista dell'Afp che ha potuto assistere alla seduta del tribunale proiettata via cavo in un centro stampa della prigione ha detto che si è visto Navalny sorridere mentre il giudice leggeva il verdetto e poi abbracciare una donna (nella foto). Poi trasmissione interrotta e addio Navalny, a chissà quando.

E subito si è scatenata la canea dell'Occidente. Dalla Casa Bianca l'amministrazione Biden fa sapere di ritenere la condanna «un'ingiusta conclusione di un ingiusto processo». Volker Turk, alto commissario per i diritti umani dell'Onu, chiede l'«immediata liberazione» di Navalny, e ritiene che la sentenza «suscita inquietanti preoccupazioni sulla strumentalizzazione del sistema giudiziario in Russia». Batte un colpo anche l'Unione europea, che «condanna fermamente la sentenza odierna», come dice solenne Josep Borrell, alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, secondo cui la sentenza «mostra quanto le autorità russe abbiano paura di lui». Di «sentenza inaccettabile e arbitraria» parla, anzi twitta, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michelia, mentre la ministra tedesca degli Esteri, Annalena Baerbock è convinta che ci si trovi davani a una «palese ingiustizia».

Navalny era stato accusato pretestuosamente di «estremismo», un'imputazione basata sulle attività molto imbarazzanti per il Cremlino della rete di uffici di Navalny in Russia e della Fondazione Anticorruzione, che ieri ha fatto sapere che «qualunque cosa accada, continueremo a lottare per la sua libertà, per la Russia senza il regime di Putin e contro la guerra. E tutti coloro che hanno avuto un ruolo in questa sentenza assurda dovranno sicuramente affrontare la giustizia». Il processo si è svolto in condizioni che hanno fatto gridare allo scandalo varie associazioni per i diritti umani: a porte chiuse e a duecento chilometri da Mosca, nel carcere dove Navalny è detenuto da due anni e mezzo, dopo l'arresto all'aeroporto Seremetevo di Mosca al suo rientro in patria nel gennaio del 2021. L'oppositore ha più volte denunciato le condizioni inumane della sua detenzione e i continui soprusi a cui è sottoposto, con frequenti isolamenti in una minuscola cella di punizione con qualsiasi pretesti.

L'unico a tacere è proprio Putin. Per lui parla il megafono Dmitry Medvedev su Telegram: «Sic fata voluerunt», così ha voluto il destino.

Troppo impegnato, lo Zar, a stringere i denti in questa drôle de guerre, che lui spera duri fino al novembre 2024: perché se l'amico Donald Trump tornasse presidente degli Stati Uniti, gli scenari potrebbero cambiare drasticamente. Ma questo a Navalny interessa poco al momento.

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