Statua di Canova mutilata per un selfie

Statua di Canova mutilata per un selfie

Non si è mai consumata così tanta arte come al tempo dei social. In entrambe le sfumature del verbo «consumare». Nel senso che le opere si fruiscono in quantità maggiore. E, ogni tanto, accade anche che si deteriorino. Ieri si è saputo che venerdì un turista austriaco, rimasto ignoto, nel tentativo di farsi il selfie perfetto si è appoggiato alla statua di Paolina Borghese conservata alla gipsoteca di Possagno, in provincia di Treviso, spezzando tre dita del piede. I carabinieri, che hanno visionato i filmati delle videocamere di sorveglianza, sono già sulle tracce del visitatore. E chissà se è un follower della Ferragni. Vittorio Sgarbi, presidente della Fondazione Antonio Canova, ha già dato prova di una furibonda reazione di sdegno, al limite dell'incidente diplomatico («L'oltraggio di un vandalo incosciente. Non consentiamo che rimanga impunito e che possa rientrare in patria»). E per fortuna (del turista) non è ancora legge la proposta presentata alla Camera, prima firma di Giorgia Meloni, che prevede fino a un massimo di 8 anni di carcere e una multa di 100mila euro per gli atti di vandalismo al nostro patrimonio artistico. Ma lei ovviamente pensava agli imbrattatori e gli abbattitori di statue. È un altro tipo di iconoclastia...

Comunque, certo: l'episodio è grave e preoccupante. Che ci dice due cose.

Una su cosa siano diventati i musei al tempo dei selfie: uno sfondo come un altro per certificare il proprio apparire (essere è troppo): fatta la foto, cosa ci importa del set? L'altra su come funzioni la comunicazione al tempo del social: molti account, e perfino qualche sito di informazione straniero, hanno sorvolato sul fatto che l'opera danneggiata sia un modello in gesso di Paolina Bonaparte, non la più famosa opera in marmo esposta alla Galleria Borghese di Roma... Ma tant'è. Tra un clic, un like e un selfie - tra una forma e l'originale - ormai che differenza c'è?

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