Al gran casinò del Quirinale tutto è consentito nella partita a poker delle consultazioni, tranne barare e usare toni sopra le righe. L'etichetta non ammette strappi in un palazzo sfarzoso che ha ospitato trenta pontefici, quattro re d'Italia e dodici presidenti della Repubblica. L'ultimo dei quali, Sergio Mattarella, incarna alla perfezione il phisique du rôle del mazziere flemmatico preposto a garantire lo svolgimento di un torneo corretto senza contestazioni.
Il capo dello Stato sa che le carte dei giocatori sono deboli. Non ci sono poker serviti o scale reali cui manca solo la pescata vincente. Al primo giro, al limite dell'inutilità, ogni delegazione fornirà un'indicazione che non potrà essere attuata perché giocata sul filo del bluff. Specialità in cui brillano i Cinque Stelle, smaniosi di strappare l'incarico di formare il nuovo governo per Luigi Di Maio, sprovvisto tuttavia di almeno 90 seggi per avvicinarsi alla maggioranza. Bluffa anche il Pd, troppo sfacciato nel rinchiudersi all'opposizione indignata mentre invia segnali di disponibilità qualora fosse pressante l'invito istituzionale di Mattarella ad entrare nell'area governativa.
Più coerente la posizione del centrodestra, anche se il modulo di gioco varia dalla coalizione (utile a rivendicare la guida di Palazzo Chigi come prima forza elettorale) alle singole identità partitiche, la chiave di volta per garantire il ruolo di top player al neoleader Matteo Salvini.
I ruoli in commedia sono netti solo per quanto avranno modo di vedere gli spettatori sul palcoscenico. Dietro le quinte, invece, si giocherà un'altra competizione, più sottile e meno muscolare.
La sensazione che trapela dal Colle è quella della faticosa composizione di uno scenario inedito che può prevedere più vincitori, se non tutti addirittura. Vediamo per quali ragioni. Il Movimento 5 Stelle, con la continua rivendicazione della premiership, lascia intendere come giocherà le proprie carte: al governo in ogni caso. La Lega non parla di opposizione, tranne dinanzi a un poco probabile patto M5s-Pd. Evoca un passaggio in minoranza solo Fratelli d'Italia che, come compagine parlamentare più ridotta del centrodestra, deve garantirsi la sopravvivenza di fronte a un'eventuale supermaggioranza istituzionale. Forza Italia lancia aperture di «governo» e nel contempo fa scudo attorno a Berlusconi sui veti dogmatici dei Cinque Stelle contro la sua persona. Sarà questa la più grande incognita del torneo di poker: Mattarella prenderà rispettosamente nota per poi analizzare come cambierà la posta in palio al secondo giro.
Una partita così complessa non potrà esaurirsi in poche mani, proprio per la varietà dei partecipanti al tavolo. Il punto di equilibrio verrà raggiunto quando tutte le forze politiche potranno dichiarare ai propri elettori di aver raggiunto il massimo risultato e, soprattutto, avere rispettato il mandato popolare ricevuto il 4 marzo. Se tutti entreranno in maggioranza sarà solo per «senso di responsabilità» e per poter preparare in pochi mesi il successivo ritorno alle urne. Se ci saranno alleanze innaturali sarà per il «bene del Paese». Se invece si formerà una maggioranza apparentemente solida, chi resterà fuori potrà puntare a rifarsi in nome di una battaglia contro l'«inciucio» di turno.
Tentare colpi di mano o forzare la giocata
potrebbe comportare una sonora sconfitta agli occhi di tutti. Un crollo a un passo dal traguardo, solo per avere sbagliato tattica, rischierebbe di rivelarsi letale alla prossima - forse non lontana - rivincita elettorale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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