Ma sui social si scatenano odio e ironia: "Pago da bere"

Gogna mediatica

Ma sui social si scatenano odio e ironia: "Pago da bere"

Si appella alla libertà di espressione l'hater. Sguazza nella rete e spadroneggia da par suo. Gli piace offendere, ferire, oltraggiare a costo zero. Anche quando meno te lo aspetti. E il fatto che trabocchino d'odio i commenti online sulla morte di Gilberto Benetton non fa certo notizia. Un odio feroce, insanabile, totale. Suggello al ribaltamento, in pochi mesi, di una storia imprenditoriale, familiare e umana di cui per anni era andata fiera l'Italia. E più ancora il Nordest, il Veneto. «Se ne va un grande trevigiano, esponente di una famiglia di imprenditori che è diventata il simbolo stesso dell'imprenditoria made in Veneto», aveva detto Luca Zaia, il governatore del Veneto.

Macchè. Col passare delle ore il lato oscuro della rete ha preso il sopravvento. Su Twitter e Facebook è apparsa così una sfilza di messaggi poco onorevoli legati (inevitabilmente) ai recenti e tragici fatti di Genova. Del tipo: «Anche i ricchi piangono? Ma no, questi non piangono mica, faranno un bel cenone che passa tutto». O ancora: «Finalmente lo scrivete subito il cognome, quando successe la tragedia del ponte Morandi ci avete messo giorni prima di scrivere Benetton».

C'è persino chi si augura la morte all'intera famiglia, chi spera che l'imprenditore «abbia sofferto». E chi si sente in animo di pagare «da bere» per festeggiare. Gilberto Benetton non ha pace nemmeno da morto. E nel melmoso ribollire di insulti, invettive e rancore sembra non esserci misura. «So' state le maledizioni di ponte de Genova, speriamo che funzionino per tutta la stirpe, speriamo...», scrive Maurizio Anselmo. «Ogni tanto muore pure uno di questi dannati scrocconi».

«Fanno propaganda immigrazionista, si preoccupano tanto dei #migranti e mostrano il loro volto buonista - annota Marco Ricci -. Ma sono gli stessi che lasciano crollare i ponti e morire il nostro popolo». E via andare con la gogna mediatica.

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