«Vi amo, ho un uomo incappucciato davanti, non ho tempo». Un messaggio concitato, da sceneggiatura di una fiction di quelle con il parental advisory, da tenere i bambni lontani dal video. Peccato che stavolta è un undicenne ad aver scritto quel messaggio, prima di ammazzarsi. Buttandosi dal balcone del suo appartamento di Napoli. All'undicesimo piano di un palazzone in via Mergellina, in pieno centro. Il che fa immaginare una famiglia benestante, lontana dal degrado di certe periferie napoletane. Il bambino era sano, andava bene a scuola, faceva sport. Quasi tutto quello che serve per la felicità di un guaglione. Ehi, abbiamo scritto quasi.
E infatti la storia sembra molto diversa. Le modalità del gesto e il bigliettino lasciato dal ragazzino alla mamma, nel quale si scusa facendo riferimento a uno stato di paura vissuto negli ultimi giorni, fanno pensare alla conseguenza estrema di un «challenge dell'orrore», una di quelle sfide sul web in cui i partecipanti - di solito minorenni suggestionabili - sono indotti a compiere e documentare atti di autolesionismo che possono arrivare anche al suicidio. Probabilmente l'«assassino» in questo caso è Jonathan Galindo, un troll dalla faccia di Pippo che trascina i ragazzini in incubi sanguinari sotto le mentite spoglie del gioco di coraggio. E per questo motivo, secondo quanto riportato dal Mattino, il principale quotidiano partenopeo, che ha raccontato la storia, la Procura del capoluogo campano avrebbe ipotizzato il reato di istigazione al suicidio, naturalmente per ora senza un nome. L'inchiesta, condotta dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone e dal pm Raffaele Tufano, per ora non scarta altre ipotesi. Ma gli inquirenti sono partiti dal frugare nel tablet e nello smartphone del ragazzino. Nella chat delle mamme sono circolati indizi di frequentazioni del challenge anche da parte di altri bambini.
L'episodio fa tornare alla mente Blue Whale, la «balena blu», un macabro gioco che qualche anno fa finì sotto accusa (da noi fu un'inchiesta della trasmissione tv Le Iene) per aver provocato una catena di suicidi tra gli «under» trascinandoli a seguire cinquanta regole per cinquanta giorni consecutivi, l'ultima delle quali sarebbe stata: «Salta da un edificio alto». Tutto avrebbe preso le mosse dall'idea di un ex studente russo di psicologia, tale Philipp Budeikin, che per aumentare il traffico della pagina f57 sul social russo VKontakte si sarebbe inventato questo perverso meccanismo facendo leva sulla credulità dei minorenni. Una storia che alla fine risultò un po' pompata dalla stampa ed ebbe i contorni della leggenda metropolitana ben confezionata.
Budeikin, però, fu davvero condannato a tre anni e quattro mesi di reclusione da un tribunale moscovita per aver plagiato due ragazze di 16 e 17 anni che si erano tolte la vita. Come il guaglione napoletano pianto oggi da tutto un quartiere.
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