In Svizzera si vota sulle corna

Il quesito: gli allevatori possono tagliarle alle loro vacche?

di Andrea Cuomo

D isclaimer: questo è un pezzo ad alto tasso di doppi sensi, trattando di vacche e di corna. Quindi fate i bravi. La cosa è seria.

Dunque: in Svizzera hanno indetto un referendum per istituire incentivi economici agli allevatori che smettano di tagliare le corna alle vacche (ma anche a tori e capre). Si vota il 25 novembre.

La cosa ci fa sorridere. Ma vanno chiariti un paio di dettagli. Uno: fa parte della cultura politica della confederazione ricorrere al referendum con una frequenza per noi inconsueta grazie a regole piuttosto allegre sulla raccolta delle firme. Finestre referendarie sono aperte più volte l'anno, per un totale di decine di quesiti sui quali gli elvetici sono chiamati a pronunciarsi. Capita così che vengano decise dal popolo anche questioni bizzarre o minori. Per dire: lo scorso 23 settembre gli svizzeri hanno votato in massa perché le piste ciclabili vengano tutelate niente di meno che nella costituzione. Così è stato necessario istituire anche una sorta di referendum sui referendum. Visto che accade che in questo delirio di decisionismo popolare finiscano in mano dell'elettore schede con quesiti in contraddizione tra loro, egli è chiamato a decidere preventivamente quale preferisca nel caso siano approvati entrambi.

Pratica comune quella di votare. E pratica comune anche quella di tagliare le corna alle vacche (il 90 per cento di esse subisce questa amputazione). Serve a evitare che i bovini, spesso costretti in grandi numeri in stalle piccole, possano ferirsi tra di loro o anche ferire l'uomo.

Gli «iniziativisti» (come vengono chiamati nei cantoni coloro che propongono i referendum) ritengono che sia una barbarie inutilmente dolorosa per le bestie. «Se potessero scegliere, le mucche deciderebbero di tenersi le loro corna», dice Armin Capaul, il contadino grigionese che è il ruvido frontman di questo strana elezione campestre. Lui, che anche in conferenza stampa si presenta vestito come il nonno di Heidi (camicia a scacconi, gilet largo di lana e berretto colorato), sostiene che sia una procedura disumana, da «agricoltura industriale». Secondo Anet Spengler, dell'istituto di ricerche sull'agricoltura biologica, altra pasionaria delle corna, queste ultime «sono un organo totalmente naturale che appartiene alle mucche e serve loro per comunicare e stabilire le gerarchie» oltre a svolgere funzioni igieniche e di termoregolazione.

La faccenda, alla fine, è economica. Il referendum infatti non prevede un divieto di tagliare le corna (sarebbe troppo illiberale per i costumi elvetici) ma l'istituzione di un fondo per dare un contributo economico ai contadini che decidano di mantenere l'appendice ossea alle vacche, in modo che possano investire su stalle più grandi che diminuiscano il rischio di incidenti cornei e possano essere risarciti in caso questo si verifichino. Secondo gli «iniziativisti» servirebbero 15 milioni di franchi all'anno (circa 13 milioni di euro) da pescare nel budget destinato alle politiche agricole. Soldi che però non ci sono.

Per questo il consiglio federale ha raccomandato di votare no al referendum.

Anche perché, dicono da Berna, «nessuno studio dimostra che tagliare le corna alle mucche influisca in alcun modo sul loro benessere».

La faccenda comunque non sembra scaldare gli svizzeri. Per loro le vacche possono continuare ad avere le corna a mezz'asta e le caprette a fare ciao.

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