Per adesso è un fiume carsico: scorre ma non si vede. Il fronte del No, secondo i più ottimisti tra i sostenitori dell'attuale composizione del parlamento, verrà presto alla luce e magari con la portata rigogliosa e vivace di un fiume in piena. E l'ottimismo, i più, lo maturano dal sempre maggiore numero di esponenti politici che ammettono di non vedere di buon occhio questa riforma che prevede soltanto un taglio «lineare» dei parlamentari. Anche Silvio Berlusconi ieri, in un'intervista alla Nazione, ha pronunciato parole inequivocabili su questa riforma delle nostre assemblee legislative fortemente voluta dal Movimento Cinque stelle. Il leader azzurro ha ricordato che già nel 2005 il suo governo aveva proposto un taglio dei parlamentari, inserito però in una organica riforma costituzionale, poi bocciata dalla sinistra. «Fatto così, come lo vogliono i grillini - ha spiegato Berlusconi - rischia di essere soltanto un atto di demagogia, che limita la rappresentanza, riduce la libertà e la nostra democrazia».
Il fronte del No sta guadagnando consensi in tutte le aree politiche. Da Nicola Fratoianni (LeU) al sindaco di Napoli, Luigi de Magistris («La riduzione del numero dei parlamentari rafforza la casta, concentra il potere nelle mani di pochi, non garantisce adeguata rappresentanza ai territori, danneggia le minoranze»), da Paola Binetti a Romano Prodi. E si segnalano anche alcune prese di distanza sul taglio dei parlamentari anche da alcuni grillini, sui quali il direttivo del Movimento sta facendo pressione per ricondurli sulla via tracciata da Di Maio.
Nel centrodestra sono in molti che negli ultimi giorni stanno affiancando Renato Brunetta nella sua battaglia che non verte - come ricorda sempre - soltanto sul merito della riforma ma che assume anche un vistoso significato politico visto che una sconfitta al referendum del 20 e 21 settembre, rappresenterebbe un indebolimento per l'esecutivo e per la maggioranza che lo sostiene.
Nessun partito per il momento osa sposare ufficialmente la causa del No. Sono tuttavia in molti che, almeno a titolo personale, si espongono per fare campagna elettorale contro il taglio dei parlamentari. Come il senatore azzurro Andrea Cangini che sottolinea l'aspetto politico del referendum e si appella al leader della Lega perché riveda la sua posizione. Salvini ha sempre dichiarato la sua disponibilità al taglio dei parlamentari già durante il primo governo Conte. «Speriamo cambi presto idea - si augura Cangini - se non per senso dello Stato e rispetto della buona politica, lo faccia almeno per non sottomettersi alla sottocultura grillina rafforzando di conseguenza il governo Conte».
Simone Baldelli, altro parlamentare azzurro, e tra i primi a schierarsi apertamente per il No, sottolinea il crescere del fronte del No. «Inizia a franare quello del Sì - osserva - tanto forte tra i parlamentari al momento del voto quanto debole ora verso i cittadini che non si accontentano di antipolitica, disciplina di partito e convenienze di parte».
Più ampio il ragionamento dell'azzurro Osvaldo Napoli. «Il 20 e 21 settembre gli elettori possono evitare l'ultima delle trappole costruite dal populismo grillino votando No al referendum sul taglio dei parlamentari - spiega il deputato di Forza Italia -.
Non è una riforma, ma soltanto uno dei tanti spot su cui un manipolo di scappati da casa ha costruito le sue fortune elettorali. Non è vero che votando No si bloccano per sempre le riforme. È esattamente il contrario. Votando No si mette il Parlamento nella condizione di fare le riforme vere».
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