Stop allo stato di emergenza il 31 marzo, al sistema dei colori e alle quarantene nelle scuole. È il premier Mario Draghi a confermare il progressivo allentamento delle restrizioni. «Continueremo a monitorare con attenzione la situazione pandemica, pronti a intervenire in caso di recrudescenze. Ma il nostro obiettivo è riaprire del tutto, al più presto», dice intervenendo al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Il presidente del Consiglio anticipa la road map delle riaperture, «grazie ad una situazione epidemiologica in forte miglioramento e al successo della campagna vaccinale». Anche i ricoveri, secondo l'ultimo report Fiaso, sono in calo da quattro settimane consecutive. Insomma, ci sono i «margini per rimuovere le restrizioni residue alla vita di cittadini e imprese», annuncia Draghi durante l'incontro con le autorità e il tessuto imprenditoriale di Firenze.
La data da segnare è quella del 31 marzo, quando finirà lo stato di emergenza e si tornerà alla normalità pre-pandemia: il governo e la Protezione civile non avranno più poteri straordinari e decadranno una serie di norme e strutture legate al Cts, al commissario all'emergenza, allo smartworking. Dal primo aprile, dunque, anticipa il premier, «non sarà più in vigore il sistema delle zone colorate, le scuole resteranno sempre aperte per tutti perché saranno eliminate le quarantene da contatto, cesserà ovunque l'obbligo delle mascherine all'aperto e quello delle Ffp2 in classe». Cambiamenti in vista anche per il green pass, che non verrà eliminato ma sarà rimodulato: «Metteremo gradualmente fine all'obbligo di utilizzo del certificato verde rafforzato, a partire dalle attività all'aperto, tra cui fiere, sport, feste e spettacoli». Ora è il momento di pensare anche all'«altra emergenza, di carattere economico». «L'Italia è in ripresa, ma il governo intende continuare ad aiutare chi è in difficoltà», assicura il premier.
Si va verso la normalità, dunque, ma resta l'obbligo vaccinale per gli over 50, almeno fino al 15 giugno. Una misura tra le più contestate, sulla quale ieri il governo ha posto la fiducia, scatenando un parapiglia alla Camera, con il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, preso di mira da un gruppo di deputati di Alternativa che lo hanno ricoperto di fogli di carta mentre pronunciava la frase di rito. «Abbiamo occupato i banchi del governo - spiegano i parlamentari dell'opposizione - perché siamo stanchi dell'abuso del ricorso alla questione di fiducia da parte dell'esecutivo. Vogliamo discutere questo decreto in aula, con i tempi previsti dalla democrazia». Posizione condivisa dalla leader di FdI, Giorgia Meloni, che considera la questione di fiducia «l'ennesimo sfregio del governo Draghi al Parlamento». Il leader della Lega, Matteo Salvini - che proprio ieri incontrando al Quirinale il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si era augurato l'imminente fine delle restrizioni - ringrazia Draghi per aver confermato che lo stato di emergenza non sarà prorogato: «È un'altra buona notizia per l'Italia».
Per il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, «le restrizioni che si basano principalmente su distanza e mascherina e che regolano la nostra quotidianità saranno mano a mano
asciugate fino ad arrivare a una totale normalità. Toglieremo anche le mascherine al chiuso, ma con intelligenza e guidati dalla scienza. Intanto ridurremo mano a mano i protocolli e le distanze nei ristoranti e nelle palestre».
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