I rapporti tra i due non erano mai stati idilliaci. Difficile dimenticare la più che imbarazzante scena di qualche tempo fa ad Ankara, quando il presidente turco Erdogan fece accomodare i suoi ospiti giunti da Bruxelles in base ai suoi offensivi criteri: Charles Michel su un'elegante poltrona, Ursula von der Leyen su una scomoda sedia. Una mancanza di riguardo evidentissima e chiaramente voluta, ma Michel non alzò un sopracciglio e non spese una parola per chiedere rispetto per la presidente della Commissione europea. Quella di Ankara fu una rappresentazione plastica del cattivo sangue che scorre tra due personaggi che si percepiscono reciprocamente come rivali: entrambi, infatti stante la mancanza di una chiara gerarchia dei ruoli nelle complicate istituzioni di Bruxelles - ambiscono a essere l'attore decisivo, ad aver l'ultima parola a nome dell'Ue sia a livello interno che internazionale.
Adesso, però, sta succedendo qualcosa che sposta su un piano ben più serio i contrasti tra le due figure più potenti delle istituzioni comunitarie. Un piano non solo formale, ma addirittura giuridico. Rischia di andare fuori controllo una contesa personale il cui prezzo verrebbe pagato dalla credibilità delle istituzioni europee, già messe a dura prova dal recente scandalo «Qatargate» che ha investito l'Europarlamento.
Accade infatti che il Consiglio Europeo, che Michel presiede, abbia chiesto al suo ufficio legale un parere giuridico sulla fondatezza delle intese che la von der Leyen ha raggiunto la scorsa settimana con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Accordi che riguardano le ricadute sull'Europa dell'Inflation Reduction Act. Obiettivo della richiesta tutt'altro che amichevole è accertare se la dichiarazione finale abbia valore vincolante. Ovvero, in altre parole, cercare di entrare a gamba tesa nel territorio in cui la presidente della Commissione europea ha agito a nome dell'Ue, e magari verificare se i risultati che ha portato a casa non siano fumo senza arrosto, carta straccia, o come direbbe Michel «chiffons de papier».
Inevitabile che la reazione della Commissione fosse pronta e piuttosto piccata nei toni. Fin dall'inizio del mandato di Ursula von der Leyen, ha detto la sua portavoce, la Commissione ha lavorato per continuare quanto già era stato avviato in tema di buona cooperazione con gli Stati Uniti e i nuovi passi annunciati a Washington lo confermano per quanto concerne l'energia e ciò che è necessario a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti europei. Nella dichiarazione comune, in particolare, von der Leyen e Biden hanno citato passi concreti: saranno avviati negoziati su un prossimo accordo relativo ai minerali critici destinati ai veicoli meno inquinanti di ultima generazione. Inoltre, precisa ancora la Commissione europea, è stato lanciato il necessario dialogo con gli americani sugli incentivi per l'energia pulita: obiettivo è coordinare i rispettivi programmi affinché si rafforzino a vicenda. Insomma, altro che chiacchiere a vuoto: von der Leyen e Biden si sono impegnati a raggiungere «un risultato ambizioso».
Va aggiunto che in tema di politica commerciale il ruolo preminente della Commissione è garantito dai Trattati.
È quindi improbabile che i legali di Michel si esprimano contro l'operato della sua presidente. Il punto è che l'anno prossimo il mandato della Von der Leyen scadrà: da qui un visibile incremento del suo attivismo e l'insofferenza irritata del suo rivale.
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