Un tetto agli affitti brevi nei centri storici per non svuotare le città

Troppi turisti e pochi abitanti stabili, il portale corre ai ripari: ecco le proposte

Un tetto agli affitti brevi nei centri storici per non svuotare le città

Troppi turisti e pochi abitanti stabili: ci vuole un tetto per gli affitti brevi nei centri storici delle città italiane. La proposta arriva da chi non te lo aspetteresti, e cioè proprio da Airbnb, il colosso internazionale dello «short term rental», come si dice a San Francisco, luogo di fondazione della società. Ad avanzarla nel corso di un convegno martedì a Roma sarà Giacomo Trovato, Country Manager di Airbnb Italia. E il paradosso è che la possibile soluzione al problema arriva da chi è accusato di averlo provocato. «Ma non è così», spiega Trovato. «E poi delle regole trasparenti garantirebbero tutti».

Il tema è tornato d'attualità nei mesi del post-Covid, quando le città sono tornate a riempirsi di turisti. In luoghi come Firenze e Venezia le polemiche sullo svuotamento dei centri storici sono divampate allo stesso modo che negli anni immediatamente precedenti la pandemia, quando il cosiddetto «overtourism» era indicato tra i pericoli maggiori per le città d'arte. La questione non riguarda solo l'Italia, ma molte tra le maggiori capitali europee, da Barcellona a Parigi, da Vienna a Lisbona. Qui il fenomeno ha toccato livelli fino a poco fa impensabili: nel quartiere dell'Alfama il 55% degli alloggi sarebbe ormai dedicato all'affitto a breve termine. Non a caso un'alleanza di grandi centri europei sta spingendo perché del tema si occupi l'Unione Europea.

Nella Penisola un emendamento al recente decreto Aiuti ha concesso al Comune di Venezia la possibilità di limitare gli affitti brevi con un regolamento. La stessa facoltà reclamano sindaci come Dario Nardella a Firenze o Roberto Gualtieri a Roma.

Nella città lagunare, dove il portale InsideAirbnb ha censito la presenza di circa 7.800 alloggi dedicati allo short term rental, in base alle norme che il sindaco Luigi Brugnaro sta studiando la possibilità di affittare a breve termine sarebbe limitata a 120 giorni all'anno. Pena il cambiamento di destinazione dell'alloggio, da residenziale a ricettivo-turistico. «Ma è un tipo di soluzione che non mi convince», dice Trovato. «Chi sceglie il breve periodo spesso usa anche personalmente l'appartamento e non vuole impegnarsi per lungo tempo. Quindi finirebbe per concentrare i 120 giorni consentiti nell'alta stagione, alzando i prezzi e senza risolvere il problema dello svuotamento dei centri storici». Per Airbnb il vero incubo sarebbe che ogni città si facesse le sue regole, in base a criteri diversi da caso a caso. La proposta della società prevede invece l'entrata in funzione della Banca dati nazionale sulle strutture ricettive, approvata con una norma del 2019 e mai partita. Ogni annuncio avrebbe un codice identificativo unico e questo consentirebbe la mappatura precisa di tutte le offerte turistiche. A livello nazionale, il ministero del Turismo dovrebbe individuare con criteri oggettivi e stabiliti per tutta la Penisola le città e i quartieri che sono più esposti al rischio di «overtourism» e la soglia di affitti brevi considerata critica, da non superare. Restano da stabilire le conseguenze nel caso si oltrepassi questa barriera. «Per quanto ci riguarda un aspetto fondamentale è quello della tutela della piccola proprietà privata», dice Trovato. «Crediamo sia necessario difendere il diritto di utilizzare le seconde case, disciplinando in modo più stringente solo le attività imprenditoriali, quelle dei grandi operatori».

Del resto, aggiunge Trovato, secondo un sondaggio della società Quorum gli italiani sembrano pensarla allo stesso modo: «Otto su dieci sono favorevoli alla possibilità per i privati di affittare la propria casa attraverso piattaforme digitali, e l'82% considera positivo l'impatto delle locazioni brevi sull'economia delle città. Perfino a Venezia la percentuale supera il 62%».

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