Mai un'asta per vendere titoli di Stato si è rivelata così ricca di significati, finanziari ma anche politici, come quella iniziata ieri per il Btp Valore. Il momento è grave: da giorni lo spauracchio dello spread è tornato a far capolino e da diverse fonti si sono alzate voci critiche sulla manovra di bilancio del governo italiano. Tra i complottisti da una parte e le Cassandre dall'altra, è sembrato di rivivere certi momenti difficili del passato, in cui l'esecutivo politico di turno (e di destra) finisce sul banco degli imputati. In questo contesto l'asta del Btp Valore è stata una bella boccata di ossigeno e di fiducia: nella prima giornata di collocamento ha raccolto un controvalore totale di 4,76 miliardi di euro, con 162mila contratti.
Come noto, il Btp Valore è uno strumento nuovo, lanciato quest'anno dal Mef per attirare investitori italiani, destinato ai portafogli di famiglie e risparmiatori. Questo lo rende diverso dai Btp ordinari, che vengono acquistati anche e soprattutto da investitori istituzionali internazionali. Una diversità che dipende dalle caratteristiche del titolo: dura 5 anni e per incentivare il risparmiatore italiano a conservarlo fino alla scadenza il Mef offre cedole frequenti (trimestrali) a rendimento crescente (4,1% nei primi due anni, poi 4,5%) e premio fedeltà finale (0,5%). Inoltre, non ci sono commissioni di acquisto. L'asta durerà fino a venerdì 6 ottobre e salvo chiusura anticipata (ipotesi remota) non è soggetta a riparto: le quantità richieste sono assegnate in toto.
La risposta del pubblico è stata quindi ottima, segnalando che il risparmiatore nazionale conferma la sua fiducia nel governo. E non era scontato: questa è la seconda emissione di Btp Valore lanciata quest'anno, ma a differenza della prima, nel giugno scorso, arriva in un contesto ben diverso: allora sui mercati finanziari il vento soffiava positivo, la Bce aveva alzato i tassi al 3,75% facendo immaginare un imminente stop all'aumento del costo del denaro e i titoli italiani a 5-10 anni valevano in media il 3% più di adesso. Ora la musica è diversa, i tassi sono saliti fino al 4,5%, l'inflazione non si arrende, e il governo è entrato nel trimestre della manovra, sorvegliato speciale dei mercati finanziari.
Attenzione però a non equivocare: meglio evitare ogni trionfalismo perché la situazione appena descritta non lo consente. Tanto che - secondo gli ambienti finanziari più esperti di queste partite - è da escludere una replica dei numeri registrati in giugno quando nella prima giornata di emissione il controvalore era stato di 5,4 miliardi (con 185mila contratti sottoscritti) e alla fine ha raggiunto quota 18,19 miliardi e 675mila contratti.
Secondo le stesse fonti, il Mef punta più ragionevolmente a un risultato tra 10 e i 12 miliardi di raccolta. Che verrebbe accolto con enorme soddisfazione: permetterebbe di continuare la preziosa manovra di spostamento del debito pubblico nelle mani degli italiani. Che, nell'ultimo anno, hanno alzato la quota di titli di Stato da loro detenuta dall'8,5 al 12 per cento. Più questa percentuale salirà verso l'alto, più il Paese resterà al riparo dalla minaccia dello spread, che dipende dalla forza con cui gli investitori stranieri vendono i Btp sui mercati internazionali: meno ne hanno, meno ne possono vendere.
Al di là dei pericolosi trionfalismi, il risultato di ieri è stato comunque importante anche sui mercati.
In una giornata negativa per le Borse, con l'Italia tra le peggiori d'Europa (-1,39% l'indice principale di Piazza Affari), lo spread ha invece inserito la retromarcia e dalla zona 200 toccata la scorsa settimana è arretrato fino a 188 punti. Presto per cantare vittoria, ma comunque un bel segnale.
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