Una vicenda che può sembrare del tutto normale, senza chissà quale risvolto politico o interpretazione, ma che invece registra una sorta di novità nei rapporti all'interno del governo. Lo definisce così chi è vicino al premier Mario Draghi, che nel corso dell'ultimo Consiglio dei ministri ha segnato quello che può essere definito un "cambio di passo" nelle relazioni umane. Perché in effetti si tratta di una componente che non passa in secondo piano nella travagliata fase politica che l'Italia sta attraversando.
Le parole di Draghi in Cdm
Francesco Verderami sulle colonne del Corriere della Sera rivela un retroscena particolare: mentre stava dando la parola nel dibattito, il presidente del Consiglio avrebbe chiamato per nome Stefano Patuanelli. "Tocca a te, Stefano", avrebbe detto Draghi rivolgendosi al ministro delle Politiche agricole. Perché rappresenta un caso che non può essere tralasciato? Il motivo è che il premier di solito non si rivolge ai ministri chiamandoli per nome.
I presenti al Cdm hanno notato che sono stati usati toni differenti rispetti al passato, quando il premier non aveva concesso sconti o usato mezzi termini per le defezioni su tematiche cruciali. In relazione sia alla Lega sia al Movimento 5 Stelle. Chi ha assistito alla scena assicura che Draghi "non offrirà pretesti, garantirà una via d'uscita" al M5S, che si ritrova impantanato tra aria di crisi e una possibile nuova scissione alle porte.
Le mosse contro la crisi
Proprio Patuanelli nei giorni scorsi avrebbe affidato ai suoi uomini più vicini diverse lamentele, critiche sulla scarsa considerazione riservata alle tematiche care al Movimento 5 Stelle. Contestazioni che riguarderebbero anche il modo di agire del governo in merito ad alcuni dossier. Da qui il senso di insoddisfazione, la percezione di non avere un peso politico all'interno dell'esecutivo.
Draghi sta lavorando per evitare lo strappo di Giuseppe Conte: nel faccia a faccia è stato presentato un documento delle priorità, una serie di questioni dirimenti. Prendere o lasciare. Dentro o fuori. I tentativi del premier si muovo sul piano politico (i provvedimenti) e quello umano (le relazioni rassicuranti). Il prezzo da pagare sarebbe una crisi di governo in piena estate, con l'opzione del voto anticipato a ottobre.
L'ipotesi voto anticipato
Conte aspetta risposte da Draghi entro fine luglio, ma c'è chi scommette che la spina potrebbe essere staccata a settembre. Nelle ultime ore è spuntata l'ipotesi del Draghi bis, un'ancora che salverebbe la legislatura fino al 2023. Qualora il Parlamento fosse travolto da una crisi, si potrebbe optare per un nuovo esecutivo guidato sempre da Draghi per scongiurare il ritorno alle urne in autunno.
Eppure, come fa notare Francesco Boezi su ilGiornale in edicola oggi, con il passare delle ore si rinforza il partito del voto. Ieri Enrico Letta è stato chiarissimo: "Il governo Draghi è per noi l'ultimo della legislatura".
Anche perché la possibile uscita del M5S dal governo avrebbe un impatto sui rapporti con il Partito democratico: l'alleanza giallorossa potrebbe andare in soffitta e, di conseguenza, il campo largo rimarrebbe a secco.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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