Toghe anti-respingimenti: un asse fondato sui cavilli

Il caso Porto Empedocle è solo il più recente: negli ultimi 2 anni i giudici hanno accolto 9 ricorsi su 10 dei migranti contro i decreti prefettizi

Toghe anti-respingimenti: un asse fondato sui cavilli
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Cinque no e un sì: esito quasi tennistico quello delle sei udienze di convalida del trattenimento per i primi sei ospiti del nuovo Centro richiedenti protezione di Porto Empedocle, raccontato ieri dal Giornale. I migranti, tutti tunisini, vedono le loro strade dividersi: uno resterà nel centro mentre gli altri cinque potranno attendere in libertà l'esito della loro domanda di protezione internazionale. Pare insomma che l'orientamento contrario alla linea dura del governo, da parte della magistratura, vada consolidandosi sulla via di queste ultime decisioni palermitane. Uno «spiacevole déjà-vu», ha sospirato il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Tommaso Foti, commentando la notizia. Sicuramente un trend evidente.

A confermarlo c'è l'andamento degli ultimi anni delle decisioni prese dalle toghe sui ricorsi presentati dai migranti che si erano visti rigettare dal Viminale una domanda per una qualsiasi forma di protezione. Tra 2015 e 2020 le sentenze dei giudici erano più spesso allineate alla decisione del ministero dell'Interno (solo nel 2016 avevano prevalso di poco 53% a 47% - i ricorsi accolti), arrivando a confermare le decisioni sul «no» alla domanda in 65 casi su 100 nel 2019. Da allora il vento sembra essere cambiato: nel 2022 è stato accolto l'86 per cento dei ricorsi presentati dai migranti che si erano visti rifiutare la protezione, e nei primi 7 mesi del 2024 solo il 28 per cento delle decisioni dei magistrati ha vidimato la scelta del Viminale.

Cifre che sembrano indicare un chiaro fronte di «resistenza» alla politica in materia di immigrazione del governo. E non sono le sole. Il decreto Cutro ha introdotto, previa convalida da parte del giudice, la possibilità di trattenere lo straniero che presenta alla frontiera una domanda di protezione internazionale, nel caso in cui provenga da un Paese di origine sicuro, o se viene fermato dopo aver eluso o tentato di eludere i controlli, e ancora se si rifiuta di consegnare il passaporto o non presenti una garanzia finanziaria da 2.500 a 5mila euro. Il trattenimento può durare 28 giorni, tempo necessario all'esame della domanda, in modo da far entrare in Italia solo chi s'è visto riconoscere la protezione internazionale. Ma prima delle decisioni palermitane (che come detto hanno visto convalidare solo un trattenimento su sei) ci sono stati finora altri 22 casi. Uno dei richiedenti ha visto la procedura accelerata interrompersi perché lui stesso ha rinunciato alla domanda di protezione, un altro è stato arrestato, un terzo ha consegnato il passaporto evitando di conseguenza la necessità del trattenimento. Per gli altri 19, tutti ospiti del centro di trattenimento per richiedenti di Modica, il provvedimento di trattenimento del questore è stato stroncato dalla mancata convalida del giudice. Eppure, tutti i 19 al termine dell'iter si sono visti poi respingere, per manifesta infondatezza, la protezione internazionale, evitando però il rimpatrio in quanto erano già entrati sul nostro territorio (e molti ormai irreperibili). Alcuni, peraltro. sono risultati essere già stati in Italia, dove avevamo commesso reati, negli anni passati.

Insomma, lo sfortunato A.A., il 23enne tunisino che l'altro giorno si è visto convalidare il «soggiorno» nel centro di Porto Empedocle, è una vera mosca bianca, l'unico trattenimento della procedura introdotta dal decreto Cutro finora convalidato. Ha giocato a suo sfavore l'aver confessato di aver tentato, al momento del suo sbarco a Lampedusa, di eludere i controlli di frontiera buttandosi dalla barca a cento metri dalla riva, «di avere provato a lasciare l'isola senza essere rintracciato» e infine di aver chiesto a un hotel, che ha poi allertato la polizia, suggerimenti su come svignarsela senza dare nell'occhio.

Le due gip, invece, nel non convalidare gli altri 5 trattenimenti hanno invocato «misure alternative meno coercitive», come l'obbligo di dimora e l'obbligo di firma: misure che prevedono, però, che il migrante sia in possesso di un documento.

In attesa di vedere se i cinque migranti saranno reperibili quando l'iter della loro domanda sarà terminato, va ricordato che anche l'Europa sul punto cambierà rotta: a partire dal 2026, infatti, in virtù del nuovo Patto Ue sulla migrazione e l'asilo, proprio le procedure accelerate di frontiera e il relativo trattenimento - diventeranno obbligatorie.

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