Toti e la Procura fanno "pari e patta"

Patteggiamento solo per i reati minori. L'obiettivo comune di evitare uno scontro giudiziario frontale

Toti e la Procura fanno "pari e patta"
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La trattativa si era sviluppata sottotraccia, a cavallo dell'estate, lontano dai riflettori, con un obiettivo comune tra accusa e difesa: disinnescare il «caso Toti», evitare un processo che si sarebbe trasformato in uno scontro frontale giudiziario, mediatico e politico. Ieri mattina, dopo un'ultima settimana di aggiustamenti e limature, l'annuncio: il processo a Giovanni Toti non si farà. Accusa e difesa raggiungono un accordo che costituisce per entrambe un compromesso accettabile. La Procura abiura l'accusa più grave, il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio che poteva portare a una condanna fino a dieci anni di carcere; l'ex governatore della Liguria accetta la condanna per corruzione impropria e per violazione alla legge sul finanziamento dei partiti. Il passaggio alla ipotesi più lieve del reato di corruzione dà atto a Toti di quello che ha sempre sostenuto: i provvedimenti che gli venivano contestati, quelli sugli appalti al Porto di Genova e per i nuovi supermercati Esselunga, erano atti legittimi, presi nell'interesse della collettività. Ma firmando l'intesa con i pm Toti riconosce che i versamenti ricevuti dall'imprenditore Aldo Spinelli e da Esselunga erano direttamente collegati a quelle delibere. Ciò che finora aveva sempre negato.

Ora l'accordo dovrà essere sottoposto al vaglio del giudice preliminare ma è improbabile che venga sconfessato, anche perchè porta la firma di inquirenti che non si sono mai mostrati indulgenti nei confronti del presidente della Regione. L'intesa che il giudice è chiamato a ratificare prevede la condanna di Toti a 1.500 ore di lavori socialmente utili, la misura alternativa al carcere introdotta dalla legge Cartabia. Per circa un anno, l'ex presidente presterà la sua opera in una struttura che è già in corso di individuazione.

La durata della pena alternativa è stata stabilita traducendo - secondo i parametri della legge Cartabia - in monte ore lavorativo la condanna al carcere che sarebbe stata inflitta in caso contrario. Il percorso seguito per calcolare la pena è significativo della linea soft scelta dalla Procura in questo frangente: per il reato di corruzione impropria si è partiti dal minimo della pena, tre anni, ridotto ulteriormente dal riconoscimento delle attenuanti generiche e scorciato di un altro terzo per effetto del patteggiamento. Per il reato-satellite di finanziamento illecito la pena è stata aumentata di un solo mese. Più in basso di così, con questi due reati, era materialmente impossibile scendere. Sulla scia di Toti, patteggia la pena anche l'ex presidente dell'Autortà portuale Paolo Signorini, su cui pesavano le accuse più gravi e che riesce comunque a evitare il ritorno in carcere: tre anni e cinque mesi, con l'affidamento in prova ai servizi sociali. Trattative ancora in corso tra Procura e difensori di Aldo Spinelli, il Grande Vecchio del porto genovese, accusato di avere comprato con 74mila euro il rinnovo delle sue concessioni.

L'intesa tra Stefano Savi, legale di Toti, e i pm Federico Manotti e Luca Monteverde consente alla Procura di salvare alcuni caposaldi dell'inchiesta: la pena teorica resta sopra i due anni, e quindi non viene messa in discussione la legittimità dell'ordinanza di arresto chiesta e ottenuta a carico del governatore; resta in piedi l'ipotesi di corruzione, anche se nella forma più lieve, e così si giustifica l'utilizzo del trojan, il «captatore informatico» che ha raccontato in diretta alla Guardia di finanza incontri e trattative.

Da parte sua, Giovanni Toti incamera un risultato che ridimensiona oggettivamente l'intera vicenda: lo scandalo che lo ha investito e che lo ha costretto alle dimissioni, oggetto di contumelie e speculazioni politiche a non finire, e che il mese prossimo riporterà al voto i cittadini liguri, si traduce in una condanna a zero giorni di carcere.

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