È il reato del momento.
«In effetti il traffico di influenze - spiega Valerio de Gioia, magistrato penale - è un grande contenitore in cui si trova un po' di tutto. O meglio, si trovava».
Perché?
«Perché il 25 agosto entra in vigore il testo della riforma Nordio che restringe il perimetro del traffico, lo delimita e contemporaneamente alza le pene. Ma dobbiamo capire che cosa succederà».
In pratica?
«Vedo una certa somiglianza con l'abuso d'ufficio, altro reato non ben delimitato che colpiva la cosiddetta zona grigia, proprio come il traffico. Ecco, dobbiamo aspettare per vedere che cosa accadrà con la nuova formulazione della norma. Nel 2020 anche l'abuso d'ufficio fu ridefinito, sempre in chiave restrittiva, ma una corrente della giurisprudenza ha continuato ad intenderlo in forma estensiva, passando sopra i paletti disposti dal legislatore. E così qualche settimana fa l'abuso è stato eliminato».
De Gioia ha appena scritto con Sonia Grassi un dossier, Le riforme Nordio, in uscita per LaTribuna, in cui racconta la storia dell'articolo 346 bis del codice penale con tutte le sue evoluzioni.
Dottor de Gioia, partiamo dall'inizio, dal 2012.
«Il ministro Severino introduce questa nuova fattispecie che colpisce il mediatore».
Siamo nella cosiddetta zona grigia?
«Si, certo, e si può notare una qualche parentela con l'abuso d'ufficio, un reato difficile da circoscrivere».
Il mediatore può essere avvicinato al lobbista?
«Certo, e infatti il legislatore aveva previsto una legge che disciplinasse le lobby che solo in Italia non sono regolamentate; questo vuoto ha generato equivoci e confusione. Nel 2019, con la Spazzacorrotti, questa confusione è se possibile aumentata. Sotto il cappello del traffico di influenze finisce di tutto: quelli che remunerano i politici, con comportamenti ai confini della corruzione, e i venditori di fumo, che spacciano relazioni altolocate che non hanno. Ripeto, si lascia grande discrezionalità alle procure, o meglio si lasciava perché fra pochissimi giorni si dovrebbe voltare pagina».
In concreto che succederà?
«Nordio è stato molto netto e ha cercato di fissare con precisione la zona grigia in cui si muove il mediatore. Verrà processato quello che spingerà il funzionario pubblico o il politico a commettere un reato, compiendo dietro remunerazione un atto contrario ai suoi doveri. Escono da questo perimetro le raccomandazioni, i vantaggi che il politico di turno potrebbe avere per esempio dall'aver sistemato in un certo ruolo un amico o una persona che magari lo tratterà con una certa benevolenza. Ci possono essere comportamenti disdicevoli, moralmente riprovevoli, che però si fatica a leggere sul piano penale e devono essere sanzionati in altro modo. Ancora, le lobby, che pure danno soldi al Palazzo, dovrebbero essere normate per legge e non possono rientrare in questo capitolo».
Si fa un gran parlare in questi giorni del caso di Arianna Meloni. Potrebbe essere raggiunta da un avviso di garanzia per traffico di influenze?
«Non conosciamo il fatto, ammesso che esista, e ogni valutazione sarebbe frutto di fantasia. Certo, dal 25 agosto il traffico non dovrebbe più essere un reato omnibus, ma dovrebbe colpire comportamenti ben identificati. Non basterà più una mediazione illecita, in senso vago, ma il mediatore verrà indagato se trascinerà il pubblico ufficiale a calpestare la legge e a commettere a sua volta corruzione o altro reato. Che so, non la nomina di un parente, ma in spregio della norma.
Attenzione, però anche con l'abuso d'ufficio il legislatore aveva eretto un muro nel 2020, ma una parte della giurisprudenza l'ha ignorato. Speriamo che il traffico di influenze non diventi un surrogato del vecchio abuso, appena scomparso».
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