La tragedia prevista da militari e Mossad. La linea dura di Bibi finisce sotto accusa

Idf, Gallant e Barnea spingevano per negoziare. "No" di Netanyahu che non ha voluto cedere sui corridoi Netzarim e Philadelphia

La tragedia prevista da militari e Mossad. La linea dura di Bibi finisce sotto accusa
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È una tragedia annunciata. E, proprio per questo, inaccettabile per i parenti degli ostaggi e che ormai chiamano Bibi Netanyahu con l'appellativo di «Dottor Morte» e l'accusano di aver abbandonato al proprio destino i prigionieri trucidati da Hamas. Ma per capire l'origine dell'ennesima lacerazione che spacca a metà l'opinione pubblica israeliana e contrappone il premier ai vertici di difesa e intelligence bisogna tornare al furioso scontro accesosi durante la riunione del Gabinetto di sicurezza tenutasi tra giovedì e venerdì notte.

Al centro del vertice vi sono la questione del Corridoio di Netzarim e della Philadelphia Route, ovvero di due aree chiave della Striscia di Gaza. Il corridoio di Netzarim taglia in due la Striscia e rende impossibile, se messa sotto controllo israeliano, la continuità territoriale dei territori palestinesi. La Philadelphia Route costeggia il lato meridionale della Striscia al confine con l'Egitto. Nel corso della riunione Netanyahu sostiene la necessità di mantenere il controllo di entrambi i passaggi. Nella tesi del premier Netzarim è fondamentale per controllare i movimenti di Hamas.

Restituire la Philadelphia Route al Cairo (a cui spetta la sovranità territoriale) significherebbe, invece, rinunciare non solo a distruggere i tunnel che sboccano in Egitto, ma anche a scovare i vertici di Hamas e a bloccare i traffici di armi.

In tutto ciò Bibi deve far i conti con la strenua opposizione di David Barnea, il capo del Mossad protagonista dei negoziati con Hamas condotti dal Qatar, del Ministro della Difesa Yoav Gallant e del capo di stato maggiore dell'esercito Herzl Halevi. Il capo del Mossad, reduce dall'ultima sessione di negoziati, sostiene che Hamas sarebbe pronto a liberare dai 18 ai 30 ostaggi se Israele facesse un passo indietro su Netzarim e sulla Philadephia Route. Gallant e Halevi concordano con Barnea ricordando che - una volta chiuso l'accordo e ottenuta la liberazione dei concittadini - non sarà difficile riprendere il controllo di entrambi i passaggi. Ma Netanyahu costretto, anche stavolta, a far i conti con la minaccia di un'uscita dal governo dei partiti messianici di estrema destra rifiuta qualsiasi cedimento. E ripete, come ha sempre fatto in oltre 10 mesi di guerra, che solo la pressione militare porterà alla liberazione degli ostaggi. E così alla conclusione del Gabinetto di sicurezza il premier fa votare dalla maggioranza la mozione che esclude il ritiro israeliano da Netzarim e dalla Philadelphia Route. Il solo voto contrario è quello di Yoav Gallant, ma è un voto che pesa. Anche perché il ministro della Difesa lo annuncia spiegando che l'approvazione di quella mozione equivale ad una condanna a morte degli ostaggi scelti per l'eventuale scambio. Una premonizione che neanche 48 ore dopo si rivela tragicamente reale.

Le autopsie condotte sui corpi trovati sabato nel tunnel di Rafah sembrano infatti confermare che fino a venerdì i sei ostaggi erano ancora vivi. Dunque, come prefigurato da Gallant, la loro uccisione potrebbe essere la crudele rappresaglia per il rifiuto delle condizioni discusse durante le trattative in Qatar.

E a peggiorare la situazione del premier s'aggiunge il fatto che almeno tre delle vittime erano nella lista dei primi ostaggi da scambiare in caso di accordo sul corridoio di Netzarim e sulla Philadelphia Route. Lo scambio del 23enne Hersh Goldberg Polin era stato accettato da Hamas in quanto americano, mentre alla 24enne Eden Yerushalmi e alla 39enne Carmel Gat era stata data la precedenza in quanto donne.

Quanto basta per provocare un autentico moto di repulsione in quella metà d'Israele che accusa il premier d'aver trasformato la guerra in un fatto personale e di continuarla solo per evitare le dimissioni, le inchieste sulle responsabilità del 7 ottobre e i processi per corruzione.

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