Le trame di Franceschini per rimpiazzare Renzi

Lunedì la resa dei conti nel Pd. Cuperlo assicura: il ministro della Cultura ha mollato il segretario

Le trame di Franceschini per rimpiazzare Renzi

Roma - È fissata per lunedì prossimo, la Direzione della «resa dei conti» nel Pd post-amministrative.

Nel frattempo, però, un paio di avvenimenti di assai maggior momento del cambio di guardia in Campidoglio si sono incaricati di dare, paradossalmente, una grossa mano a Matteo Renzi: la Brexit prima, le elezioni spagnole poi. L'esito del referendum in Gran Bretagna non ha solo contribuito a spostare i riflettori fuori dalla cucina politica nostrana, e consegnato al premier italiano un ruolo di primo piano nell'emergenza Ue, agevolando anche una sua sterzata a sinistra sul piano che costringe l'intero Pd ad applaudirlo e sostenerlo («Ho apprezzato il discorso di Renzi e gli do il benvenuto nel club dei kenesyani», dice ad esempio Cesare Damiano), ma ha anche gettato una secchiata di acqua gelida sulle derive populiste e radical in giro per l'Europa e non solo. Ne stanno già facendo le spese sia gli sconfitti di Podemos a Madrid che il leader laburista britannico Jeremy Corbyn, che viene prepotentemente sospinto verso l'uscita di scena da un partito preoccupato delle prossime, ravvicinate elezioni politiche, difficili da affrontare con un candidato premier che sembra un Roberto Speranza d'Oltremanica. Quanto all'esito del voto spagnolo, ha fornito immediatamente a Renzi l'assist per dire - innanzitutto ai suoi - che l'Italicum, col suo ballottaggio che indica un vincitore sicuro, non si tocca. Il premier dunque non guarda con eccessiva preoccupazione all'appuntamento di lunedì, pur sapendo che il Pd ribolle di trame, ipotesi di complotto, geniali strategie e laboriosi piani di battaglia, tutti mirati a tentare fargli le scarpe.

I potenziali nemici non sono più solo i soliti noti della minoranza Pd, riforniti di cinture esplosive dall'astutissimo D'Alema: anche nella vasta maggioranza renziana, dopo la botta delle Comunali, si registrano movimenti tellurici di varia intensità. Negli ultimi giorni, per dire, c'è stato un crescendo di voci e di sospetti attorno al ministro Dario Franceschini, già passato alle cronache (del tutto ingiustamente, assicura lui) come «traditore» di Bersani prima - tanto che lui e Letta venivano chiamati «Bruto e Cassio» dai bersaniani, durante i disperati tentativi dell'ex segretario di formare un governo dopo le elezioni del 2013 - e dallo stesso Letta poi. «Mi hai accoltellato alle spalle», lo accusò, secondo i resoconti dell'epoca, l'allora premier, quando si rese conto che il suo fido alleato era ormai sponsor di Renzi a Palazzo Chigi. Così, le voci che oggi danno Franceschini intento a convocare cene di parlamentari della sua area e a chiedere modifiche all'Italicum vengono subito tradotte in avvisaglie di futuri voltafaccia, se non addirittura di segrete aspirazioni del ministro della Cultura - in ottimi rapporti con Mattarella - a sostituire il premier, se sconfitto nel referendum, alla testa di un governo di salute pubblica per il ritorno al proporzionale. «Ormai si è sganciato da Renzi», annuncia speranzoso Gianni Cuperlo ai suoi. Dalle parti del premier, le voci vengono liquidate come quantomeno «premature». Per ora, Franceschini (con cui comunque Renzi avrà un colloquio pre-Direzione) viene descritto come impegnatissimo a costruire un asse con il governatore del Lazio Zingaretti.

In vista del congresso Pd? Per ora l'obiettivo sembrerebbe assai più casalingo: i voti di Zingaretti in Campidoglio sono necessari per far eleggere a capogruppo Pd a Roma Michela De Biase, alias signora Franceschini. Che sogna di diventare, grazie a quella tribuna, la futura anti-Raggi. Per il resto, c'è tempo.

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