Le trame del Giglio magico e quella bugia di Carrai

L'imprenditore renziano giustifica la mail a Unicredit: «Era per la Del Vecchio». Ma nel 2015 diceva: non c'entro

Le trame del Giglio magico e quella bugia di Carrai

Pareva strano che in tutta questa losca storia non fosse ancora venuto fuori il nome dell'anima nera del giglio magico, Marco Carrai. Puntualmente, ieri in commissione banche, l'ex ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, fa il suo nome. «Il 13 gennaio 2015 mi arrivò una mail da Carrai solo per dirti che su etruria mi è stato chiesto di sollecitarti se possibile per una risposta su etruria». La parola Etruria due volte in una riga. Una mail che la dice lunga sulla spregiudicatezza dei renziani in quegli anni, nel seguire questioni personali, se si pensa con quale disinvoltura uno sconosciuto imprenditore di Greve in Chianti (formalmente solo presidente di Aeroporto di Firenze Spa), si rivolga a uno dei banchieri più potenti d'Italia, a cui dà del tu («ciao Federico»). E questo era colui al quale Matteo Renzi, nel gennaio 2016, promise un posto da consulente nel Dipartimento informazione per la sicurezza di Palazzo Chigi. Il chiarimento di Carrai su quella mail è comico: «Ero interessato a capire gli intendimenti di Unicredit riguardo Banca Etruria perché un mio cliente stava verificando il dossier di Banca Federico Del Vecchio, di proprietà di Etruria. Tutto assolutamente trasparente». A prescindere dal fatto che quando si parla di Carrai di trasparente c'è sempre molto poco, sappiamo che questo fantomatico cliente è un «fondo israeliano». Tra le decine di società con le quali Carrai è in affari, ci sono anche soci a Tel Aviv. Ma la cosa buffa è che in un articolo del Corriere del 14 febbraio 2015, un mese dopo quella mail, Carrai replicava seccamente sui suoi presunti interessi per Banca Del Vecchio: «Mi infilano sempre da ogni parte, ma io non ho fatto alcuna manifestazione d'interesse e non ho chiamato alcun advisor». A volte a forza di raccontarne tante si rischia di smentire pure se stessi.

L'audizione di ieri chiude il cerchio (magico): nel corso del 2014 c'è grande fermento attorno a Etruria. Renzi, Boschi, Delrio, Carrai, Bonifazi, Lotti, tutto il giglio magico al completo si muove per la causa di Arezzo (mai una parola per le altre tre banche fallite). Riavvolgiamo il nastro. Anno domini 2014. Il renzismo era all'apice del suo potere. Chi stava con Renzi poteva fare e disfare tutto (e tutti). Il 21 febbraio Maria Elena Boschi diventa ministro. A marzo incontra a casa sua a Laterina l'ad di Veneto Banca, Vincenzo Consoli. Ad aprile il padre, Pier Luigi Boschi, incontra a Roma, Flavio Carboni (che rivede a luglio): cerca soldi per la banca, già sull'orlo del burrone, e un nome come nuovo direttore generale. Sapeva già che, qualche giorno dopo, sarebbe stato nominato vicepresidente. Sempre ad aprile «la Mary» incontra a Milano il presidente della Consob Giuseppe Vegas, al quale anticipa che suo padre sarebbe diventato vicepresidente dell'istituto e gli esprime «preoccupazione» sulla fusione di Etruria con la Popolare di Vicenza («avrebbe creato problemi»). Ancora in aprile Renzi convoca a Palazzo Chigi il governatore di Bankitalia Ignazio Visco e gli chiede «perché la Popolare di Vicenza si voleva comprare questi di Arezzo, e parlò degli orafi». Negli stessi giorni la Boschi incontrò Fabio Panetta, vicedirettore di Bankitalia.

Il 24 settembre l'allora direttore del Corriere, Ferruccio de Bortoli scrive un editoriale durissimo contro il presidente del Consiglio: «Renzi non mi convince. Non tanto per le idee (...) quanto per come gestisce il potere». Sacrosanto. Il 4 novembre la Boschi vede Ghizzoni a Milano per le celebrazioni dei 15 anni di Unicredit. Il giorno dopo il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi, entrato beffardamente in commissione Banche, alla cena di finanziamento del Pd che ha organizzato sempre a Milano alla presenza di numerosi banchieri, indaga sulla fusione di Popolare di Vicenza ed Etruria. Il 12 dicembre Ghizzoni incontrò a Palazzo Chigi, «da solo», la ministra Boschi che gli chiese se fosse possibile per Unicredit acquisire Etruria.

Delrio, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il 1° gennaio 2015 chiama Ettore Caselli, ex presidente della Popolare dell'Emilia-Romagna, per chiedere informazioni sulla acquisizione di Etruria. E il 3 marzo 2015 il nome Luca Lotti spunta in un sms inviato all'ex direttore generale della Popolare di Vicenza, Samuele Sorato.

I renziani, che oggi tanto si affannano per difendere la loro mascotte, possono chiamare tutta questa operosità attorno a Etruria col termine che preferiscono. Il fatto è che ci sono state svariate interferenze su Etruria (il cui vicepresidente era il padre di un ministro) fatte da cariche istituzionali che nulla c'entravano con le banche.

Pertanto risulta chiaro che quando il 18 dicembre 2015 ha detto in Parlamento che non ci sono stati «favoritismi» né «corsie preferenziali», la Boschi ha mentito agli italiani, omettendo fatti molto gravi. In un Paese serio la sua carriera politica finirebbe qui.

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