Milano. Nessun segno di frenata e una velocità di crociera con punte che hanno più volte sfiorato i 150 chilometri orari. Adesso il risultato della perizia psichiatrica depositata ieri parla fin troppo chiaro: «incapace di intendere e di volere». Sei parole con un peso specifico altissimo e grazie alle quali rischia di non passare neanche un giorno in cella il 39enne italiano di origini marocchine accusato di omicidio colposo plurimo dopo che il 18 febbraio, arrivando a tavoletta alla guida della sua auto alla barriera autostradale della Ghisolfa, lungo la Torino-Milano, ha travolto la vettura con a bordo due donne, uccidendole. L'impatto fu talmente devastante che Laura Amato, 54 anni e l'amica 59enne Claudia Turconi morirono sul colpo.
Gli esiti dell'accertamento affidato allo psichiatra Raniero Rossetti saranno discussi lunedì in un'udienza davanti al pm dell'inchiesta, Paolo Filippini, ai legali dell'indagato, ai familiari delle vittime e dei loro due consulenti di parte.
Dopo che il giudice nei mesi scorsi ha applicato per il 39enne una misura di sicurezza per pericolosità sociale e la libertà vigilata per un anno, l'uomo è obbligato a rimanersene ricoverato tra le mura del reparto di psichiatria dell'ospedale di Piacenza. Del resto se è vero che al momento dell'incidente se ne andava in giro in totale libertà è altrettanto assodato che quest'uomo era in cura da anni per disturbi psicotici. Il primo ingresso per questi motivi in una struttura sanitaria risale al 1995.
Anche la settimana dell'incidente, era stato visitato in due ospedali: il giorno prima, il 16 febbraio, a ridosso di una crisi, in quello di Piacenza, da cui si era poi allontanato di sua iniziativa; quindi in quello di Gallarate (Varese) dove era stato accompagnato dopo la somministrazione di gocce di un farmaco con benzodiazepine al presidio medico dell'aeroporto di Malpensa. Nelle ore precedenti allo schianto, infatti, aveva tentato di imbarcarsi a bordo di un volo per il Marocco (pare avesse manie di persecuzione) ma era stato respinto al gate per le sue evidenti condizioni di squilibrio. Per questo era stato portato in ambulanza a Gallarate, ma anche da lì se n'era andato, ignorando l'invito di un cugino ad andare a casa sua. Il parente era riuscito a mala pena a riaccompagnarlo a Malpensa a riprendere la vettura, quindi il 39enne si era rimesso alla guida. E dopo essersi fermato in una piazzola di sosta, verso le 2.
30 di notte aveva travolto l'auto con a bordo la Amato e la Turconi, al termine di una corsa folle in autostrada: oltre ad aver toccato i 150 chilometri orari (lo ha stabilito la perizia cinematica richiesta dal pm alla polizia stradale di Novara) aveva anche percorso la carreggiata a zig-zag. Un miracolo davvero che, con una condotta tanto spericolata, quella notte non abbia provocato altri incidenti.
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