Hai caldo? Hai freddo? Hai sete? Vieni da me, tranquillo, sei in mano sicure, sono israeliano, ti posso prendere in braccio? Posso abbracciarti? Queste frasi, con altre istruzioni, sono scritte su un foglio da imparare a mente, consegnate ai soldati che oggi riceveranno i bambini e le donne dopo 48 giorni di prigionia nelle mani di Hamas. Ambulanze, assistenti sociali, ospedali, psicologi, elicotteri, macchine della croce rossa, soldati sul campo che dovranno, accogliendo la tregua in vista per le 10 di oggi, badare a che non serva per ulteriori agguati. Tutto si prepara all'evento. Fino al porto sicuro dell'incontro con la famiglia. È un'agonia illuminata dalla speranza per chi torna e per chi li accoglie. Ma quanta ansia. I parenti del gruppo che verrà liberato, secondo Israele non prima di domani, venerdì, sono stati avvisati un'ora prima del pubblico. Ma è anche per loro, i fortunati, la domanda se davvero Hamas ha intenzione e persino, come ha avvertito, la possibilità di consegnare le persone in lista.
E poi: in che condizioni arriveranno i prigionieri, i bambini piccolissimi? Saranno malati, scheletriti come lo era Gilad Shalit? Vorranno subito la mamma benché la mamma sia stata uccisa, ed essi lo ignorano? Eppure nelle ore in cui si preparava per oggi lo scambio della prima tranche dei 50 ostaggi, bambini e donne nelle mani di Hamas con tre volte tanti terroristi, donne e giovani, si è assistito all'ennesima tortura contro Israele, stavolta non fisica come il 7 di ottobre, ma psicologica: i genitori in piazza a Tel Aviv, negli alberghi dove vivono oggi i profughi della strage, hanno aspettato insieme per vedere se il nome dei loro cari è nella lista degli ebrei destinati allo scambio. Ci sarà di certo Avigail Mor Idan, 3 anni, israeliana e americana i cui genitori sono stati uccisi il 7 ottobre. Dal Qatar l'annuncio che Hamas avrebbe fornito la lista di 50 ostaggi da restituire tramite corridoi sicuri, trasportati dalla Croce Rossa. In serata la conferma: Israele ha ricevuto l'elenco. Netanyahu spiega alla nazione: «Ho l'imperativo morale di liberare donne e bambini». Una mamma, disperata: «Mio figlio ha 25 anni, di certo verrà escluso, ma credetemi, è ancora un bambino anche lui, è il mio bambino».
La tragedia biblica della scelta di questi primi esseri umani che oggi saranno scambiati mentre si svolgono i quattro giorni di tregua previsti, è piena di imprevisti: Sinwar può tendere trappole di ogni genere pur di fare una strage di soldati. Ma in queste ore Israele si prepara a fare uscire dalle due carceri maschili per terroristi, Megiddo e Ofer, e da quello femminile, Ramon, tre prigionieri per ogni liberato israeliano, fino nella prima tranche di 150, divisi in quattro giorni. Una lista di 300 palestinesi ha le caratteristiche richieste: terroristi che non hanno ucciso, anche un'ottantina almeno, ma hanno tentato; molti saranno liberati a casa loro, nel West Bank, a pochi metri dalle persone cui hanno sparato. Israele ha dato la parola: non li arresterà finché non violeranno di nuovo la legge. La Corte Suprema ha respinto anche una petizione contro l'accordo, che contestava proprio il rilascio dei detenuti.
Tutti, tuttavia, ricordano che fra gli oltre mille liberati in cambio di Gilad Shalit, c'era anche Sinwar: giurò che avrebbe liberato tutti i terroristi nelle prigioni. Qui ottiene anche il tempo di cui ha bisogno per armi, uomini, tunnel; per sei ore al giorno i droni non potranno volare. L'intenzione di Sinwar è allungare la tregua con altri ostaggi a prezzo più alto, quando si tratterà dei soldati.
Israele ha il compito che Netanyahu ha chiarito: il suo carattere democratico e umanitario impone di non lasciare indietro nessun cittadino, per un bambino poi si paga qualsiasi prezzo. E tuttavia, appena concluso lo scambio, tornerà alla guerra. La decisione è di passare dal nord della Striscia al sud, dove la rete delle gallerie e la fuga della gente ha assemblato la prossima sfida.
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