
Europei fuori dai piedi. Il messaggio nascosto dietro la decisione americana di spostare in Arabia Saudita la fase iniziale della trattativa per un piano di pace sull'Ucraina è cinicamente chiara. In quei negoziati non vi è posto né per gli alleati europei della Nato, né per l'Ue in quanto istituzione politica. Il motivo è semplice. Per l'Amministrazione Trump Paesi come la Germania del Cancelliere Olaf Scholz, la Francia di Emmanuel Macron e la Gran Bretagna del laburista Keir Starmer non sono alleati, ma avversari politici. Un concetto che il vice presidente J. D. Vance (foto) ha ben chiarito durante la conferenza di Monaco. E lo ha fatto sia a parole, denunciando come violazione della democrazia i cordoni sanitari all'estrema destra, sia con fatti, andando a incontrare la leader dell'Afd Alice Weidel. La pervicacia con cui i Paesi europei fingono di non capirlo rischia di peggiorare ancor di più la situazione. Agli occhi di The Donald la riunione a sette convocata da Emmanuel Macron a Parigi per quest'oggi suonerà inevitabilmente come un tentativo di far deragliare i piani americani. E di garantire un salvagente politico e strategico ad un Volodymyr Zelensky che l'Amministrazione Trump considera a fine corsa. Anche per questo c'è da chiedersi quanto proficuo sia per la premier Giorgia Meloni, e per l'Italia, partecipare a quell'incontro. Certo non presentarsi è impensabile per evidenti ragioni di galateo internazionale e istituzionale che spaziano dal Quirinale all'Eliseo. Politicamente parlando però qualche dubbio la Presidente del Consiglio lo nutre. La compagnia di giro in fondo non ha un gran futuro. Il padrone di casa non governa più neanche casa propria. Il Cancelliere tedesco ha i giorni contati. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen vale per gli Usa quanto un due di briscola. Mark Rutte è il Segretario Generale di una Nato in cui non ha più la fiducia dell'azionista di maggioranza. Polonia e Gran Bretagna rappresentano militarmente le punte di lancia europee di uno scontro con la Russia che Trump non vuole più continuare. La Danimarca ha un problema chiamato Groenlandia. L'Olanda è una briciola. E Madrid sta agli antipodi politici di Washington.
Giorgia Meloni può legittimamente chiedersi insomma se quella di Parigi sia la migliore e la più proficua delle compagnie. Non potendo far a meno di andarci deve almeno cercar di capire come uscirne. E qui ha senza dubbio un vantaggio. Pur avendo appoggiato l'Ucraina l'Italia non ha mai pigiato il piede sull'acceleratore dell'intervento o delle forniture di armamenti. E comunque visti gli storici legami con la Russia, oltre a quelli non ufficiali mantenuti anche in questi ultimi tre anni, è l'unico paese europeo a poter giocare un ruolo negoziale a fianco degli Usa di Donald Trump. Senza contare che uno smarcamento dell'Italia potrebbe, alla fine, non dispiacere neppure agli alleati europei. L'Ue, abbandonata dagli Usa, rischia infatti di ritrovarsi in mano il classico cerino acceso.
Ovvero il conto da 500 e passa miliardi della ricostruzione ucraina. Ecco perché un'Italia capace da una parte di gestire alcune fasi della trattativa e dall'altra di negoziare l'onere europeo della ricostruzione potrebbe far comodo a tutti. E soprattutto a noi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.