New York - Trump ha dichiarato guerra e vuole «arrestare» ora tutti gli agenti-spioni dell'Fbi e del National Security Agency (dove lavorava Edward Snowden), che passano informazioni segrete e riservate ai giornalisti, come nel caso che ha portato alle dimissioni del generale Michael Flynn, durato appena tre settimane come consigliere alla sicurezza nazionale. Nel suo tweet mattutino, ieri il tycoon ha minacciato di punire penalmente gli agenti che passano segreti di Stato o notizie top secret, di solito a cronisti del Washington Post, del New York Times o della Cnn per compiere vendette politiche e personali. Poi nella conferenza stampa del pomeriggio alla Casa Bianca, dove ha presentato il nuovo segretario del lavoro, Alexander Acosta, Trump ha continuato ad attaccare tutto e tutti: «Ho trovato Washington e la Casa Bianca in totale caos, dove niente funziona. Le soffiate degli agenti-spioni sono atti criminali e devono essere penalmente puniti. Io non ho nessun rapporto diretto con la Russia, non ho nessun affare o contratto con aziende russe» ha precisato il presidente annunciando per la settimana prossima un nuovo decreto sull'immigrazione.
Il conservatore Wall Street Journal, citando fonti anonime dell'intelligence, ha scritto che alcune agenzie come Fbi, Cia, Nsa e Dea non rivelano più a Trump e al suo staff alla Casa Bianca diverse informazioni sensibili temendo fughe di notizie o una loro compromissione. Ciò a causa delle ripetute e continue telefonate fatte lo scorso anno durante la campagna elettorale dagli uomini del tycoon a funzionari russi. E poi ci sarebbero le sette telefonate incriminate, tutte registrate dall'Fbi, che il generale Flynn avrebbe fatto lo scorso mese all'ambasciatore russo a Washington. I democratici vogliono aprire una commissione d'inchiesta e leggere la trascrizione di queste telefonate per conoscere fin dove si è spinto Flynn nel promettere di togliere le sanzioni a Putin e chi gli avrebbe dato il permesso o l'ordine di chiamare l'ambasciatore russo. I leader democratici non lo dicono apertamente, non osano mai nominare la parola «impeachment» nelle loro interviste, ma sperano che le ripetute telefonate ai funzionari russi possano contenere elementi penalmente compromettenti contro Trump e i suoi consiglieri più fidati.
I repubblicani che hanno una maggioranza solidissima al Congresso, al momento tacciono e si oppongono a una commissione parlamentare o un'inchiesta interna. Soltanto i due senatori repubblicani John McCain e Lindsey Graham (nemici giurati di Trump) e da sempre grandi oppositori di Putin, vogliono andare fino in fondo nello scandalo che ha costretto Flynn a dimettersi e vogliono la trascrizione delle telefonate incriminate. L'ex presidente Nixon ripeteva che a Washington si può combattere tutto e tutti, ma non gli agenti dell'Fbi e della Cia, «perché sono pagati per raccogliere segreti e notizie, vere o false, e sono sempre pronti ad attaccarti come dei serpenti». Nixon ci aveva visto giusto. Senza la famosa «gola profonda», l'agente dell'Fbi, Marc Felt, che spifferava tutto al Washington Post, non ci sarebbe mai stato il Watergate e le dimissioni di Nixon.
Finché Trump attacca ogni giorno giornali e network televisivi, ha tutta la simpatia degli elettori repubblicani. Ieri ha twittato che il New York Times è «fallimentare» perché ha i conti in rosso; due giorni fa che Cnn e MsNbc sono «televisioni inguardabili».
Aspettiamo cosa scriverà contro il Guardian, il quotidiano inglese che gli ha appena ricordato come la sua holding abbia un mutuo di 600 milioni di dollari con Deutsche Bank, a sua volta sotto inchiesta del Dipartimento della giustizia Usa che chiede una multa record di 14 miliardi di dollari per aver venduto dei mutui backed securities.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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