Roma - Dal Principato all'Emirato. Giancarlo Tulliani ha scelto con cura il paese dove andare a vivere dopo lo scandalo della casa di Montecarlo. Perché a Dubai, dove ufficialmente campa occupandosi di immobiliare, l'ordinanza di custodia cautelare emessa nei suoi confronti dalla Procura di Roma per riciclaggio, quasi certamente è destinata a rimanere carta straccia. Il pm Barbara Sargenti e il procuratore aggiunto Michele Prestipino che hanno chiesto l'arresto del cognato di Gianfranco Fini, anche lui indagato per lo stesso reato, non hanno potuto infatti fare altro che dichiararlo irreperibile, latitante in un paese che non ha un accordo sull'estradizione con l'Italia e che per reati di tipo economico come quelli contestati a Tulliani non la concede praticamente mai.
L'ordine di arresto nasce da un approfondimento investigativo dell'indagine che lo scorso dicembre aveva portato in cella il re delle slot machine, Francesco Corallo, e di alcuni componenti del suo entourage, ritenuti responsabili di un'associazione a delinquere a carattere transnazionale che riciclava tra Italia, Olanda, Antille Olandesi, Principato di Monaco e Santa Lucia i proventi del mancato pagamento delle imposte sul gioco on line. Parte del profitto illecito, secondo i pm, sarebbe finito nei conti della famiglia Tulliani, non solo di Giancarlo, ma anche in quelli del padre Sergio e dell'altra figlia Elisabetta, la moglie dell'ex presidente della Camera, che tra l'altro in molti dei reati di riciclaggio contestati e consumati tra il 2008 e il 2015 è indagato come concorrente. «I Tulliani - si legge nell'ordinanza - erano consapevoli che le somme di denaro ricevute non trovavano alcuna giustificazione economica e finanziaria specifica e lecita e provenivano dall'attività dell'associazione a delinquere capeggiata da Francesco Corallo, conoscevano l'attività della concessionaria Atlantis/Bplus il cui rappresentante legale era Amedeo Labocetta, legato da stretti rapporti politici e di frequentazione con l'onorevole Gianfranco Fini».
L'ex leader di An, travolto dall'inchiesta, ha chiesto ai magistrati di essere interrogato e ha dato mandato ai suoi legali di querelare per calunnia Labocetta. L'indagine ha avuto un'accelerazione dopo le perquisizioni dello scorso 13 dicembre, quando i finanziari hanno trovato l'appartamento di Tulliani in condizioni tali da far pensare ad un abbandono improvviso e con una coccarda verde, color guardia di finanza, poggiata su un sacco di documenti triturati. «Atto beffardo», per il gip Simonetta D'Alessandro. Tre giorni dopo il genero di Fini ha tentato di far trasferire 520mila euro da un conto Mps ad un altro aperto in una banca di Dubai. Nell'ordinanza vengono riportate diverse conversazioni telefoniche intercettate con alcuni familiari da cui emerge la volontà di Tulliani di allontanarsi dall'Italia per evitare altri guai e restare negli Emirati Arabi dove può contare su appoggi importanti. Il 15 dicembre, difatti, era in volo per Dubai.
Per la Procura Tulliani deve essere arrestato perché si è reso protagonista «seriale» e «spudorato» di numerosi episodi di riciclaggio, così come sua sorella e suo marito, Gianfranco Fini. Ma per l'avvocato Titta Madia, che lo difende, non c'è reato di riciclaggio: «Si tratta o di una corruzione nei confronti di Fini, che tuttavia escludo, o di un millantato credito dei Tulliani».
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