La Turchia cambia idea e bombarda l'Isis

È una svolta enorme nella battaglia internazionale contro lo Stato islamico. Per la prima volta ieri all'alba F-16 turchi hanno colpito postazioni jihadiste in Siria, con missili lanciati dallo spazio aereo turco che hanno penetrato il territorio siriano per circa un chilometro e mezzo, trentacinque jihadisti sono stati uccisi. Solo poche ore prima, Ankara aveva dato il via libera all'utilizzo della base di Incirlik, nell'Est del Paese, a jet e droni armati americani e della coalizione internazionale che da mesi porta avanti un'operazione militare in Siria e Irak.

I segnali di un netto cambiamento di direzione da parte del governo turco sono profondi. Finora e dopo mesi di espansione dello Stato islamico nella regione, i leader turchi sono sempre stati scettici sulla possibilità di concedere basi agli alleati internazionali. Nei giorni scorsi, una serie di incontri ai vertici nazionali e internazionali hanno segnato la trasformazione della strategia della Turchia, membro della Nato che spinge i confini dell'Alleanza Atlantica nel Levante e che ospita quasi due milioni di profughi siriani. Barack Obama e Recep Tayyip Erdogan hanno discusso al telefono mercoledì. Dopo mesi di pressioni americane affinché Ankara partecipasse più attivamente alla lotta contro la minaccia terroristica in Medio Oriente, il leader turco ha ceduto giovedì, prima di un incontro di emergenza dei vertici della sua sicurezza in seguito al quale sono arrivati i bombardamenti di ieri all'alba, senza assistenza americana. Funzionari anonimi del governo turco hanno rivelato al Wall Street Journal che l'aviazione ha colpito gli obiettivi che si era prefissata e che allo stesso tempo le forze dell'ordine hanno compiuto raid in 13 province, arrestando 297 sospetti terroristi, 20 dei quali stranieri. Le postazioni dello Stato islamico si trovavano nei pressi del villaggio siriano di Havar, sul confine con la provincia turca di Kilis. E sono proprio le violenze degli ultimi giorni lungo quella frontiera ad aver forse sbloccato la posizione anti-interventista del governo. Sono morte 32 persone lunedì in un attentato suicida - secondo le autorità locali a opera dello Stato islamico - nella cittadina di Suruç provincia di Sanliurfa, e giovedì un soldato turco a Kilis è stato ucciso sul il confine in seguito a un attacco da postazioni jihadiste in Siria.

Il nuovo corso turco arriva dopo mesi di pressioni americane ma anche di critiche nei confronti di posizioni troppo lassiste nel controllo dei confini. A ottobre 2014, mentre cresceva la preoccupazione europea attorno ai destini dell'enclave curda siriana di Kobane, sotto attacco dello Stato islamico, le parole del presidente Erdogan - la cittadina «sta per cadere» - sono state di esplicita freddezza. Benché Kobane sia a poche centinaia di metri dal confine con la Turchia, i blindati turchi sono stati immobili sul confine fino a quando i miliziani curdi hanno ripreso a fatica la città. A giugno, quando un altra formazione armata curda ha riconquistato la cittadina di Tal Abyad dal controllo jihadista, la preoccupazione di Erdogan è stata per la nascita di «una struttura» pericolosa lungo i confini turchi, con riferimento ai curdi e non ai jihadisti. Nel complesso equilibrio mediorientale, però, i curdi siriani e iracheni - considerati una minaccia da Ankara - sono anche i « boots on the ground » della coalizione internazionale, alleati dell'America per arginare l'avanzata dello Stato islamico.

La svolta della Turchia apre nuovi scenari, rendendo il Paese anche vulnerabile a rappresaglie dello Stato islamico: questo è anche il motivo per il quale su un altro fronte, quello libico, i tentativi americani di trovare governi pronti ad concedere le proprie basi aeree - Tunisia, Egitto, Marocco, Algeria - è per ora bloccato.

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