Ucciso Déby, il padre-padrone del Ciad. Francia e Italia temono i riflessi sulla Libia

"Colpito in battaglia" o in un attentato. Il figlio Mahamat leader ad interim

Ucciso Déby, il padre-padrone del Ciad. Francia e Italia temono i riflessi sulla Libia

Il «maresciallo» Idriss Deby Itno, padre-padrone del Ciad da 30 anni, è stato ucciso in battaglia, sembra, ma potrebbe anche aver subito un attentato di una quinta colonna. Ironia della sorte, poco prima della sua morte è stato annunciato che aveva vinto per la sesta volta le elezioni presidenziali con una percentuale bulgara di voti (79,3%). Le urne si erano aperte l'11 aprile, nonostante il boicottaggio di gran parte dell'opposizione. E proprio il voto presidenziale ha fatto arrivare dal sud della Libia una colonna di ribelli del Fronte per l'alternanza e la concordia che stava marciando sulla capitale. Il gruppo armato nato da ex ufficiali sarebbe arrivato fino a 200 chilometri da N'Djamena e per questo Deby, militare di carriera, aveva deciso di recarsi al fronte. I combattimenti sono stati furiosi.

Il leader della coalizione ribelle, Mahamat Mahadi Ali, ha sostenuto per primo che Deby «era ferito e in fuga». La battaglia è scoppiata nei pressi di Nokou, nel nord del Paese. Il presidente è stato evacuato in elicottero nella capitale, ma le ferite erano troppo gravi. Ieri Azim Bermandoa Agouna, portavoce dell'esercito, ha confermato che Deby aveva assunto «la guida eroica nelle operazioni contro i terroristi arrivati dalla Libia».

Nonostante la Costituzione preveda che i poteri passino al presidente del Parlamento, le forze armate hanno formato un Consiglio militare presieduto dal figlio del presidente, Mahamat Idriss Deby Itno. Il delfino designato alla successione, che guidava i servizi segreti, ha sospeso il parlamento e imposto il coprifuoco. Di fatto è un colpo di stato, ma il timore dell'instabilità in Ciad, alleato di ferro della Francia nella lotta all'espansione jihadista nel Sahel, farà chiudere un occhio alle cancellerie. L'Eliseo ha auspicato che la transizione «si svolga in condizioni pacifiche, in uno spirito di dialogo con tutti gli attori politici e della società civile. E permetta un ritorno rapido a un governo inclusivo che si appoggi sulle istituzioni civili».

N'Djamena ospita il quartier generale dell'operazione francese Barkhane, che combatte da anni i gruppi jihadisti nel Sahel. I caccia e i legionari di Parigi avevano già salvato Deby da ribelli e tentati golpe. Stavolta l'aviazione francese ha solo sorvolato le colonne dei miliziani fornendo informazioni ai governativi. I ribelli hanno i loro santuari fra le montagne del Tibesti a cavallo fra Libia e Ciad. Dopo l'attacco ha dichiarato sostegno all'offensiva Timan Erdimi, nipote di Deby, che ha già tentato due colpi di stato, l'ultimo nel 2019.

Il figlio-delfino di Deby probabilmente seguirà le orme del padre, ma la Francia non sembra più disposta a consacrare un nuovo «maresciallo» al potere.

I militari hanno promesso elezioni fra 18 mesi, ma le forze ribelli, che hanno effettuato «una ritirata strategica», potrebbero cogliere l'attimo per puntare sulla capitale. Una scossa di instabilità che preoccupa la Francia e pure l'Italia per i riflessi sulla Libia, con i santuari ribelli sulla porta d'ingresso meridionale dei migranti.

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