
È stato ucciso lo scorso 13 marzo Abdallah Makki Muslih al-Rufayi, alias «Abu Khadijah», considerato «uno dei terroristi più pericolosi in Iraq e nel mondo», come ha scritto su X Il primo ministro iracheno, Mohammed Shia al-Sudani. Abu Khadijah era il numero due dell'Isis responsabile delle operazioni all'estero dell'organizzazione.
Il terrorista è stato ucciso con un raid mirato nella provincia irachena di Anbar, nel corso di un'operazione condotta dal Comando Centrale Usa in collaborazione con le forze di sicurezza irachene e il governo regionale curdo, ciò che ha spinto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a vantarsi sui social dell'uccisione, con i suoi soliti toni sopra le righe: «I nostri militari intrepidi gli hanno dato la caccia senza tregua - si legge in un post su Truth - . In coordinamento con il governo iracheno e con il governo regionale curdo, è stata stroncata la sua vita miserabile, così come quella di un altro componente dell'Isis». Il posto riporta anche lo slogan «pace attraverso la forza», curiosamente lo stesso usato dalla commissaria Ue Ursula von der Leyen qualche giorno fa per spiegare il piano di riarmo dell'Europa. Secondo la ricostruzione del Centcom, Abu Kadijah dopo il raid è stato trovato dagli uomini del Centcom e delle unità irachene morto assieme a un altro terrorista, ed entrambi indossavano giubbotti pronti a esplodere e avevano con loro diverse armi. Nonostante l'Iraq abbia dichiarato nel 2017 la sconfitta dei jihadisti sul suo territorio, cellule del gruppo sono rimaste attive.
Ieri le forze statunitensi hanno portato avanti attacchi su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi. Particolarmente duro un attacco condotto dagli americani con le forze britanniche contro un quartiere residenziale nel distretto di Shuub, a nord della capitale dello Yemen, Sana'a. Gli attacchi sarebbero stati disposti direttamente dal presidente Usa che su Truth ha scritto: «Il supporto dell'Iran ai terroristi Houthi deve cessare immediatamente! Non minacciate il popolo americano, il loro Presidente, che ha ricevuto uno dei mandati più grandi nella storia presidenziale, o le rotte di navigazione mondiali. Se lo fate, fate attenzione, perché l'America vi riterrà pienamente responsabili e non saremo gentili al riguardo!».
Intanto l'amministrazione Trump ripropone in parte il «muslim ban» con il quale nel 2017 il tycoon, al suo primo mandato alla Casa Bianca, vietò l'ingresso negli Usa ai cittadini di diversi Paesi a maggioranza musulmana.
Stavolta si parla di un «travel ban» per 43 Paesi, molti dei quali a maggioranza musulmana, suddivisi in tre categorie: quelli in lista rossa per i quali l'ingresso negli Usa è del tutto vietato (11, tra essi Afghanistan, Iran, Libia, Siria, Somalia, Sudan, Yemen), poi ci sono 10 «arancioni» e 22 «gialli» con divieti minori.
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