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Ucraina, Biden chiama Zelensky. "Risoluti se Putin invade"

Il presidente Usa al telefono con l'alleato strategico. In settimana i vertici a Ginevra per la de-escalation

Ucraina, Biden chiama Zelensky. "Risoluti se Putin invade"

Una telefonata dalla Casa Bianca per il presidente. Proprio come aveva già fatto lo scorso 9 dicembre, Joe Biden ha chiamato il suo «alleato strategico» ucraino Volodymyr Zelensky per rassicurarlo: gli Stati Uniti sono fermamente al fianco di Kiev e nel prossimo vertice di Ginevra del 9 e 10 gennaio il numero uno americano ribadirà al collega russo Vladimir Putin che usare lo strumento militare contro l'Ucraina sarebbe una pessima idea. In caso di attacco, è vero, l'esercito ucraino non potrebbe contare sul sostegno sul campo della Nato, ma oltre a poter impiegare le armi difensive già fornite da Washington Zelensky può esser certo che scatterebbero rappresaglie economiche talmente dure da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati nei confronti di Mosca da far pentire Putin assai amaramente. Non solo. Una nota della portavoce della Casa bianca Jen Psaki riferisce che «gli Usa e i loro alleati e partner risponderanno risolutamente se la Russia invaderà ulteriormente l'Ucraina». Questo a scanso di equivoci. Anche se Putin e il suo alleato-vassallo bielorusso Aleksandr Lukashenko fanno sentire il minaccioso rombo dei loro blindati ai confini dell'Ucraina, un'invasione non sembra probabile: Putin s'infognerebbe in un Vietnam europeo, aggravato dalle prevedibili contromosse americane che rischierebbero di impoverire la Russia e di costringerlo a legarsi mani e piedi per sopravvivere all'assai più potente Cina di Xi Jinping. Il capo del Cremlino punta invece, tenendo sotto la massima pressione possibile (anche con l'arma impropria del gas che gli abbiamo messo in mano) gli alleati europei di Washington, a ottenere da Biden qualche concessione.

L'ossessione di Putin si chiama crollo dell'Unione Sovietica e ha il volto di Mikhail Gorbaciov: l'ultimo presidente dell'Urss sancì trent'anni or sono la fine dell'impero russo e ordinò il ritiro delle truppe, lui vuole passare alla Storia come il leader che ha invertito la rotta e ha restituito a Mosca il ruolo di grande potenza. Un ruolo imperiale. Di questo parlerà a Ginevra il 9 e il 10 con Biden, e di questo in sostanza si discuterà il 12 e il 13 nei vertici Russia-Nato.

Le richieste che Putin ha anticipato a Biden sono però eccessive e inaccettabili: pretendono, soprattutto, di calpestare come irrilevante la volontà dei popoli un tempo soggetti (non alleati) a Mosca e puzzano lontano un miglio di propaganda a fini interni. Non si capisce perché Biden debba subire il diktat assurdo secondo cui la Nato dovrebbe abbandonare al suo destino l'Europa orientale che agli Stati Uniti ha liberamente scelto di affidare la propria indipendenza riconquistata trent'anni fa. Zar Vlad non vede l'ora di poter sventolare davanti alla parte più nazionalista e nostalgica del suo popolo un qualche successo che dia l'impressione che il Paese, economicamente malandato ma armato fino ai denti, stia riconquistando uno status di superpotenza. Binde, verosimilmente, concederà a Putin qualche contentino per abbassare le tensioni in Europa.

E questo per limitare i danni nel lungo termine: sa che il leader russo, alzandole, sta in realtà cercando di mettere le basi per dividere la Nato e ottenere dal suo successore (specialmente se dal 2025 sarà di nuovo Trump) molto di più.

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