Ultima vittima delle bombe: uccisa neonata di 23 giorni

Barbarie senza fine in Ucraina, dove è stata sterminata un'intera famiglia. I piccoli deportati in Russia sono 20mila. E ora anche la Bielorussia fa la sua parte

Ultima vittima delle bombe: uccisa neonata di 23 giorni
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È la strage dei bambini, la strage del futuro. Almeno 500 uccisi dall'inizio della guerra in Ucraina, fa sapere Kiev. Macabro conteggio a cui ieri si è aggiunta anche una neonata di 23 giorni, tra le vittime dell'attacco russo a Shyroka Balka, nella regione di Kherson. La piccola aveva appena tre settimane, è morta sul posto, insieme ai genitori, mentre il fratello di 12 anni è deceduto in seguito in ospedale. Un'intera famiglia sterminata, 7 in tutto le vittime dell'attacco, tra cui un'altra donna del villaggio e due uomini rimasti uccisi nella vicina Stanislav. Civili inermi, nel Kherson che è una delle quattro regioni ucraine annesse da Vladimir Putin l'anno scorso, dalla quale le truppe russe si sono poi ritirate a fine 2022, ma che continuano ora a martellare a colpi di missili.

Dall'inizio dell'invasione russa sono oltre 500 i bimbi ucraini uccisi e 1100 i piccoli feriti. I dati li fornisce la Procura generale ucraina, che indica nella regione del Donetsk l'area più colpita. Si tratta di numeri al ribasso, perché in alcune aree tuttora sotto il controllo russo non è possibile raccogliere i dati. Ma 500 dice abbastanza, esempio di come Mosca stia martoriando i civili ucraini, prova dei crimini di guerra commessi contro la popolazione, che dal febbraio 2022 subisce i bombardamenti di intere aree residenziali, scuole, ospedali e campi da gioco.

Ancora nulla si sa di 1170 bimbi scomparsi. Dall'inizio della guerra circa 16mila piccoli sono stati ritrovati, 386 restituiti alle proprie famiglie, mentre in 13 sono ristati vittime di violenza sessuale. Ma il numero più significativo riguarda le deportazioni di bambini nella Federazione russa, per le quali Vladimir Putin è stato incriminato dalla Corte penale internazionale, che ne ha disposto l'arresto se metterà piede in uno dei 123 Paesi che aderiscono allo Statuto di Rima. Secondo l'Ufficio informazioni nazionale ucraino sono quasi 20mila i piccoli deportati e/o sfollati con la forza dall'Ucraina alla Federazione russa. E nuove testimonianze della deportazione di centinaia di bambini stanno emergendo anche dalla vicina Bielorussia del dittatore Alexsandr Lukashenko, alleato di Putin.

Secondo le conclusioni delle ricerche dell'Università di Yale, si tratta di un programma sistematico per l'adozione dei bambini ucraini e il loro indottrinamento. Di cui ormai palrano apertamente anche i media di stato bielorussi, alle dipendenze del despota Lukashenko, salvo raccontare che si tratta di «campi ricreativi». Al loro interno, secondo il Gruppo di management anti-crisi bielorusso di Pavel Latushka, ex ministro a Minsk, ora figura di opposizione, almeno 2100 bambini ucraini sono stati deportati dall'Ucraina alla Bielorussia, tra cui una cinquantina di orfani.

Ma quello che accade davvero nei «campi ricreativi» è ancora in parte avvolto dal mistero, anche per le associazioni per i diritti umani e i legali che assistono il governo di Kiev nelle indagini sui crimini di guerra. Colpa della censura di Stato in Bielorussia e della mancanza di libero accesso e informazione. Eppure sembra ormai sempre più evidente che anche «l'ultimo dittatore d'Europa» si stia macchiando del crimine per il quale potrebbe scattare un mandato d'arresto della Cpi identico a quello emesso contro Putin, anche se potrebbero volerci diversi mesi per raccogliere un dossier.

Man mano che alcuni territori russi sono stati liberati dall'esercito ucraino, i genitori dei piccoli deportati hanno raccontare per primi le storie dei piccoli scippati. Ma ricostruire le radici dei bimbi approdati in Bielorussia è un'operazione più complessa, non solo per il muro alzato intorno, ma anche perché molti piccoli provengono dal Donbass e altre aree ancora sotto il controllo dell'esercito di Mosca.

Lukashenko ha liquidato le accuse di deportazione come «semplicemente ridicole», ma le associazioni che si occupano del trasferimento dei bambini, cominciato già nell'agosto 2021 ma esploso dopo l'invasione russa,

lo hanno fatto grazie al decreto del presidente, inviando alcuni dei piccoli in un grande campo estivo gestito dal colosso Belaruskali, una delle più grandi compagnie statali bielorusse, soggetta alle sanzioni occidentali.

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