Da Palermo a Napoli il passo è breve. Un'altra violenza sessuale, un altro branco di giovanissimi che si accanisce contro vittime inermi. E un nuovo caso dalle inquietanti similitudini con la cronaca siciliana scuote l'Italia intera. A darne notizia è il Mattino, che ricostruisce una storia di disagio e spudoratezza: due cuginette di soli 13 anni sono state infatti violentate da un gruppo di sei adolescenti in un capannone abbandonato di un ex centro sportivo abbandonato. Il teatro dello stupro di gruppo è questa volta il Parco Verde di Caivano, area del Napoletano da decenni martoriata da camorra, droga e povertà sociale.
Della violenza del branco si viene a sapere solo oggi, ma tutto accade all'inizio di luglio: il gruppo è composto da alcuni minorenni, almeno cinque, e da un maggiorenne. Secondo uno degli avvocati delle vittime «qualcuno potrebbe avere anche meno di quattordici anni». Le due cuginette vengono adescate dai ragazzi e con una scusa vengono convinte ad entrare in quel capannone. All'interno accade di tutto. A scoprire l'abuso è stato il fratello di una delle due cugine, che riceve dei messaggi con alcune informazioni e avverte i genitori. Le violenze vengono accertate con una visita in ospedale e all'inizio di agosto la famiglia sporge denuncia ai carabinieri e si parla di «abusi ripetuti», come conferma il legale.
Subito partono le indagini e vengono sequestrati gli smartphone dei sospettati per analizzarne il contenuto e alcuni profili social. L'unico maggiorenne che avrebbe preso parte allo stupro di gruppo, un 19enne del posto, viene invece arrestato e si trova ora nel carcere di Poggioreale. Per il pubblico ministero che conduce l'inchiesta una delle due vittime «era ed è esposta, nell'ambiente familiare, a grave pregiudizio e pericolo per l'incolumità psicofisica»: è questo il motivo per cui la procura presso il Tribunale dei minorenni di Napoli ha chiesto al giudice di convalidare la decisione dei Servizi sociali di allontanare una delle bambine violentate a Caivano dalla sua famiglia e di collocarla in una «idonea struttura». La stessa misura, però, è stata adottata anche per l'altra ragazzina. Al momento, infatti, entrambe le 13enni si trovano in una casa famiglia, un tipo di struttura che accoglie minorenni e altre persone in difficoltà per inserirle in percorsi sociali, assistenziali ed educativi.
Una matrioska di disagi e difficoltà, insomma, che spesso svela un epilogo drammatico. A confermarlo al Messaggero è Eugenia Carfora, storica dirigente scolastica al parco Verde di Caivano: «Parlare di degrado non rende l'idea. Troppi i bambini violentati, usati come merce: non sono bastati i riflettori accesi dalle tragedie precedenti, c'è la chiara responsabilità delle istituzioni incapaci di tutelare i diritti dei minori e la necessità di interrompere ciclo violenza e degrado vittime ogni giorno bambini. Salvarne uno o allontanarne altri dalla famiglia purtroppo non serve a tutelare e salvare i tanti ogni giorno esposti in queste strade a mille pericoli. È una vergogna per la politica vedere bambini morire violentati da coetanei, senza predisporre interventi seri, senza tutelare i diritti».
Proprio com'è accaduto a Palermo quella notte drammatica del 7 luglio, presumibilmente a pochi giorni di distanza dallo stupro di Caivano. Nel capoluogo siciliano sono sette i giovanissimi tra i 18 e i 22 anni che si accaniscono per ore su una ragazza. E le indagini rivelano una storia impossibile da metabolizzare: «Mi sono accasciata per tre volte - racconta la vittima tra le lacrime -.
Sono caduta a terra battendo anche la testa, ma non si fermavano. Ho iniziato a ripetere «basta, basta», ma i ragazzi hanno continuato, scambiandosi di posto». La mattina successiva uno di loro scrive: «Ieri sera niente, se ci penso un po' mi viene lo schifo». Non abbastanza.
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