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Ungheria di traverso sugli aiuti europei all'Ucraina. Orbán dice "no" per ripicca sui dossier bloccati

L'Ue condiziona l'approvazione dei fondi di coesione e del Pnrr allo Stato di diritto. E Budapest blocca i 18 miliardi per Kiev. Bruxelles: "Quei soldi arriveranno lo stesso"

Ungheria di traverso sugli aiuti europei all'Ucraina. Orbán dice "no" per ripicca sui dossier bloccati

Diritti, pacchetti economici, sostegno all'Ucraina. Tre partite apparentemente separate che diventano un solo big match che mette di fronte l'Ungheria e il resto dell'Europa.

Ieri Budapest ha bloccato in sede Ecofin, il consiglio che unisce i ministri dell'economia e della finanza, il pacchetto europeo di aiuti macrofinanziari all'Ucraina per un totale di 18 miliardi di euro. Una misura che, prevedendo una modifica del piano finanziario pluriennale 2021-2027, richiede un'adozione all'unanimità. Il governo di Viktor Orbán ha preso questa decisione per «ricattare» Bruxelles, che ha sua volta ha bloccato una serie di fatidici dossier che riguardano il Paese magiaro a causa del meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto, i cui requisiti non sarebbero garantiti in quella che lo stesso Orbán ha definito una «democrazia illiberale». Per questo ieri Ecofin ha deciso di non votare sull'eventuale sblocco dei 7,5 miliardi di euro dei Fondi di coesione per Budapest e sull'approvazione del Recovery Plan ungherese da 5,8 miliardi. Escluso dall'ordine del giorno anche il voto sul secondo pilastro della tassazione globale, su cui di recente si è raggiunto un accordo anche in sede di G20 dopo quattro anni di trattative, e che prevede una minimum tax del 15 per cento per le grandi imprese internazionali in qualsiasi giurisdizione operino, altro dossier su cui Budapest avrebbe posto il veto per avere più carte da giocare nella sua battaglia contro Bruxelles.

Insomma, uno stallo alla messicana, anzi alla magiara. A cui i due contendenti danno letture decisamente opposte. Da un lato c'è Zbynek Stanjura, ministro delle Finanze della Repubblica Ceca, uno dei Paesi politicamente e culturalmente più vicini all'Ungheria e per questo particolarmente impegnato nella mediazione, che vede chiaramente «il nuovo sostegno finanziario all'ucraina, il Pnrr ungherese e la direttiva per la tassazione minima come un pacchetto unico. L'approvazione del pacchetto dipenderà dallo sviluppo delle misure che l'Ungheria sta prendere per proteggere il bilancio. Per questo abbiamo chiesto alla Commissione un aggiornamento sui progressi compiuti in Ungheria per una maggiore cooperazione». Il ministro delle Finanze ungherese Mihaly Varga invece considera «un pericoloso precedente che il pagamento di fondi Ue all'Ungheria sia legato ad altre questioni del tutto indipendenti». Secondo Varga la commissione europea ha «dato una valutazione positiva al Pnrr» assegnandogli anche «un voto eccellente», ha aggiunto il ministro, tuttavia «per tre programmi operativi, la Commissione europea mantiene il congelamento dei pagamenti» perché l'Ungheria non si uniforma sulle questioni di un prestito congiunto dell'Ue per aiutare l'Ucraina e sull'imposta minima globale, per i quali «la posizione dell'Ungheria è in linea con il suo interesse nazionale». Interviene anche Orbán, che rivendica la sua idea d'Europa, «non basata su una comunità del debito, se percorriamo quella strada non potremo tornare indietro. Prevediamo un futuro diverso per l'Europa. Uno costruito su Stati membri forti, invece che su enormi pile di debito comune».

Il ricatto ungherese infastidisce Bruxelles ma potrebbe non fermarla. Ieri lo stesso Stanjura ha garantito che i 18 miliardi destinati a Kiev arriveranno «che l'accordo sia a 26 o 27 Stati membri. Tutti i ministri delle finanze salvo uno sono pronti ad andare avanti. Io non mi aspetto che altri Stati membri, tranne Ungheria, la pensino diversamente».

La strada potrebbe essere quella di incoraggiare i singoli Paesi a utilizzare le garanzie nazionali per effettuare le emissioni con destinazione Kiev evitando il ricorso al margine del bilancio pluriennale dell'Ue per emettere debito e ottenere finanziamenti sui mercati da destinare all'Ucraina. È tutto da vedere però che questo risultato possa essere ottenuto nei tempi brevi che Bruxelles riteneva necessari.

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