Retequattro intervista il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e in Italia si scatena la polemica. Scoop o microfono aperto alla propaganda di Mosca? A denunciare l'arte russa della disinformazione, ben prima dell'inizio del conflitto ucraino, è stato il Copasir. E ieri il suo presidente, Adolfo Urso, ha manifestato preoccupazione per la «montagna di fake news» propinate da Lavrov. «La disinformazione - spiega Urso al Giornale - è una delle armi che Mosca da sempre utilizza per condizionare le democrazie occidentali, lo abbiamo evidenziato più volte nelle nostre relazioni al parlamento, in tempi non sospetti». Il numero uno del Comitato per la sicurezza della Repubblica, anche se è giornalista, non sveste i suoi panni istituzionali per valutare nel merito quell'intervista. «Può darsi che abbia avuto l'effetto contrario ma non mi avventuro in interpretazioni proprio perché il ruolo che ricopro mi impone cautela», spiega. «Lavrov - prosegue - è sempre stato considerato una persona molto accorta, prima della guerra tutti lo definivano geniale. Uno straordinario diplomatico, forse il migliore al mondo, capace di mettere nel sacco chiunque. Quali fossero le sue finalità forse lo capiremo alla luce degli accadimenti. Peraltro - insiste Urso - anche Putin per mesi negò l'evidenza che le truppe ammassate ai confini dell'Ucraina preparassero l'invasione, e ancora oggi impone che non si usi il termine guerra nei loro talkshow». Quanto al considerare, come fa il deputato azzurro Andrea Ruggeri, che quell'intervista sia semplicemente uno scoop, e che il «delirio» di Lavrov sia la prova lampante di quanto in là possono spingersi i russi con le fake news, Urso ricorda come lo stesso Putin «pensava che le sue truppe sarebbero state accolte come liberatori e ora si ritrova con i russofoni che per protesta insegnano ai loro figli a parlare ucraino».
La morale, insiste il senatore Fdi, è che «la disinformazione, quando diventa sistema, falsa la realtà anche a chi la pratica». Ma questo, aggiunge Urso, «è proprio il pericolo che abbiamo davanti a noi e proprio per questo ci vuole piena consapevolezza e responsabilità anche in chi deve giustamente garantire pluralismo e libertà, proprio i valori che i regimi autocratici vorrebbero conculcare». Insomma, se in Ucraina Mosca porta la guerra con truppe, missili e carri armati, c'è un altro conflitto in corso che ha già varcato i confini della Ue, come ricorda Urso: «La disinformazione sistematica, insieme alla guerra cibernetica e allo spionaggio, con la costruzione di fake news e l'uso spregiudicato dei social sono parte di quella che viene chiamata guerra ibrida, estremamente pericolosa in un villaggio globale in cui le democrazie occidentali in quanto società aperte sono per loro natura più vulnerabili». «Si è coniato - aggiunge il presidente del Copasir - il termine infodemia, l'epidemia di informazione che rende difficile anche ai più esperti giornalisti riconoscere l'affidabilità delle fonti. Peraltro - chiosa - non ci avevano fatto credere che i vaccini cinesi fossero efficaci e che lo Sputnik fosse il migliore?».
E sulle audizioni dell'Ad Rai Carlo Fuortes e del presidente Agcom, Giacomo Lasorella, in calendario al Copasir il prossimo 12 maggio, Urso spiega che «non c'è alcuna intenzione di fissare regole e tantomeno di dare consigli: abbiamo altre competenze e altre modalità rispetto a Vigilanza e Agcom».
«Non interveniamo in alcun modo nei palinsesti e nelle libere scelte dei giornalisti.
Il nostro compito - conclude il presidente del Copasir - è semmai esattamente il contrario: garantire che non ci siano interferenze esterne finalizzate a condizionare la nostra libera informazione. Che si basa anche, e direi soprattutto, sul pluralismo delle fonti e delle opinioni».
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