Utenti annoiati e ricavi a picco Zuckerberg cambia Facebook

L'ex enfant prodige ha provato anche con sconti sugli annunci, ora vorrebbe tentare con il modello Tik Tok

Utenti annoiati e ricavi a picco Zuckerberg cambia Facebook

«Ogni cliente può avere una Ford T di qualsiasi colori desideri, purché sia nera». Cent'anni fa, da monopolista qual era, Henry Ford non aveva bisogno della pubblicità: il prototipo della motorizzazione di massa era uno, e monocromatico. Prendere o lasciare. L'America degli Anni Ruggenti prendeva. Di lì a qualche anno, dopo l'euforia irrazionale di Wall Street, sarebbe finita sul binario morto della Grande depressione.

Come la Ford allora, oggi Facebook è il paradigma di un mondo in cambiamento. Per la prima volta nella sua storia, la creatura di Mark Zuckerberg ha incassato nel secondo trimestre meno dell'anno precedente (28,8 miliardi di dollari) e ha già messo le mani avanti: fra luglio e settembre andrà anche peggio. I mercati non l'hanno presa bene; l'ex enfant prodige dell'hi-tech, ancora meno. Il capoclasse con la puzzetta sotto al naso è finito dietro la lavagna come un Garrone qualsiasi. Messo lì dal suo ragioniere. Si può favoleggiare sul fascino virtuale del Metaverso, manco fosse un endecasillabo dantesco, ma poi sono sempre i numeri a darti la sveglia riportandoti coi piedi per terra.

A differenza di Ford, Zuck ha infatti bisogno degli inserzionisti pubblicitari. Di più: di quelli vive, e con quelli ha sempre fatto i soldi. Il legame che pareva inscindibile, tipo la simbiosi tra anemone e pesce pagliaccio, si è sfaldato nonostante Facebook abbia provato a trattenere gli inserzionisti con un «don't go away» fatto di maxi-sconti sul prezzo degli annunci (quasi il 15% in meno). Niente da fare: fuga in massa, con la stessa velocità con cui negli States si è squagliata la ripresa economica per il combinato disposto dell'alta inflazione (sopra il 9%) e delle ripetute strette ai tassi decise dalla Fed per contrastare il carovita. Non a caso, da ieri l'America è scivolata in recessione tecnica a causa di una contrazione del Pil per due trimestri consecutivi (-1,6% nel primo, -0,9% nel secondo). Per quanto Joe Biden, a pochi mesi dal voto di mid-term, si stia cimentando in una specie di gioco delle tre carte con la messa in discussione del concetto di recessione, la risalita oltre la linea di galleggiamento non sarà facile. «È sempre difficile prevedere quanto profondo o quanto lungo sarà questo ciclo - ha detto Zuckerberg - , ma direi che la situazione è peggiore di quel che sembrava un trimestre fa». Le prime a saperlo sono proprio le aziende, che da tempo hanno cominciato a imbracciare la scure per ghigliottinare le spese di marketing e per la pubblicità. Dando così torto a Oscar Wilde e al suo «non c'è nulla di più necessario del superfluo».

Non sempre la pubblicità è l'anima del commercio: per informazioni, chiedere anche a Twitter, Google e Snapchat che vivono gli stessi problemi di Facebook. Per Big Tech si annunciano tempi duri, fatti anche di licenziamenti. Poiché business is business, anche l'impresa 2.0 usa ricette antiche contro la crisi.

Zuckerberg ha peraltro un altro grattacapo, grosso almeno quanto il suo ego: dalla sua nascita (2004), Facebook è rimasta quasi la stessa delle origini. Diventando «boring», noiosa.

Pur avendo cambiato l'algoritmo, basato ora sui post degli amici, e inserito con Reels i video in formato breve, i millenials e la generazione Z lo considerano alla stregua del telefono in bachelite della bisnonna. Un ferrovecchio. Meglio Tik-Tok, dove l'occhio digitale è meno invasivo. Zuck sta provando a inseguire quel modello, ma non è detto che ci riesca. Come quasi vent'anni fa, avrà bisogno di un altro colpo di genio.

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