
No all'asterisco e allo schwa. La lingua italiana ha le sue regole e le norme devono essere rispettate. Il ministro Beppe Valditara firma dunque una circolare che richiama all'ordine le scuole e dice no alla deregulation strisciante vista negli ultimi tempi. «È imprescindibile - si legge nel testo - il rispetto delle regole della lingua italiana. L'uso di segni grafici non conformi rischia di compromettere la chiarezza e l'uniformità della comunicazione istituzionale».
Per la destra, compresi i cattolici di Pro Vita & Famiglia, questa è una vittoria nella battaglia contro le follie del politically correct. A sinistra invece si ascoltano critiche e polemiche.
Ma si deve registrare anzitutto il parere dell'Accademia della Crusca che dà semaforo verde al provvedimento: «Nelle comunicazioni ufficiali - spiega il professor Claudio Marazzini, presidente onorario della Crusca - occorre sempre mantenere la regolarità della lingua italiana, utilizzando sempre la sua forma ufficiale, cioè la sua forma grammaticale standard, accettata e compresa da tutti i parlanti».
No, dunque al genere neutro che non entra nei canoni classici dell'italiano. Nella circolare in effetti si richiama il parere dato dalla Crusca il 9 marzo 2023 al Comitato pari opportunità del consiglio direttivo della Cassazione. «Va dunque escluso tassativamente - scrive la Crusca in quell'expertise - l'asterisco al posto delle desinenze dotate di valore morfologico. Lo stesso vale per lo schwa».
Il deputato leghista Rossano Sasso esulta: «Un ulteriore passo in avanti nella lotta contro l'ideologia gender. Evidentemente ci voleva una circolare del Ministro per far rispettare la lingua italiana». «La nostra lingua - aggiunge Fabio Pietrella, parlamentare di Fratelli d'Italia - ha una storia millenaria ed una struttura ben definita, che non può essere alterata da forzature ideologiche prive di fondamento normativo».
Insomma, almeno su questo versante il centrodestra è compatto. Critiche invece arrivano dall'altra parte dell'emiciclo: «Niente asterisco o schwa - osserva Maria Cecilia Guerra, della segreteria del Pd - che secondo il ministro introducono momenti di ambiguità. E l'ambiguità di riferirsi a una donna con un articolo o un sostantivo maschile quando la lingua italiana prevede il femminile?».
Guerra stende l'elenco delle presunte amnesie: «La presidente del consiglio, la ministra, la sindaca, la direttrice». Poi tira la conclusione: «Valditara se n'è dimenticato».
Opposte interpretazioni per una norma di buonsenso che però sembra urtare la sensibilità di chi considera i generi tradizionali una prigione che dal corpo umano si trasferisce sulla pagina. Peraltro, la Crusca aveva già bocciato l'asterisco con un primo parere del 24 settembre 2021: «L'asterisco non è utilizzabile in testi di legge, avvisi o comunicazioni pubbliche, dove potrebbe causare sconcerto e incomprensione in molte fasce di utenti né, tantomeno, in testi che prevedono la lettura ad alta voce, stante in quest'ultimo caso l'impossibilità della resa fonetica». Insomma, secondo gli esperti la lingua creata in laboratorio ha il piccolo difetto di imbrigliare la comunicazione.
La rende più contorta e qualche volta ha il torto di confondere le idee. Il politically correct torna in naftalina, noi ci teniamo la lingua viva. Vecchia, ma insuperabile. E in realtà, più al passo con i tempi rispetto a certe terminologie artificiose.
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