San Paolo. Il Brasile vuole indagare Jair Bolsonaro per tentato golpe. Proprio ieri l'ex presidente è stato raggiunto dalla notizia che il suo nome è stato associato al tentato colpo di Stato. Proprio ieri che, dopo 13 giorni, aveva modificato il suo profilo su Twitter, non più «un capitano paracadutista dell'esercito brasiliano, presidente del Brasile» ma «il 38° Presidente della Repubblica Federativa del Brasile». Certo, non ha ancora mai chiamato «presidente» il suo successore, Luiz Inácio Lula da Silva, ma è già qualcosa. Il suo visto diplomatico negli Usa scadrà il 30 gennaio, 46 parlamentari democratici hanno scritto ieri a Biden di revocarglielo mentre un'altra trentina vuole che l'Fbi indaghi sull'attacco di Brasilia. Proprio mentre Steve Bannon, ieri su Gettr, ha di nuovo chiamato i supporter bolsonaristi radicali a favore di un «intervento militare/golpe» di Brasilia, domenica scorsa, «lottatori per la libertà», ribadendo che «Lula ha rubato le elezioni».
A differenza di quanto assicurato due giorni fa, dall'ospedale - «tornerò subito in Brasile per farmi controllare dai medici che mi hanno in cura» - per ora Bolsonaro rimane a Orlando, in Florida, a casa di una star delle arti marziali, José Aldo, suo amico. Ieri mattina doveva rientrare in Brasile anche Anderson Torres, ex ministro della Giustizia di Bolsonaro ma, dal 2 gennaio scorso segretario della sicurezza dello stato del Distretto Federale in cui si trova Brasilia. In vacanza anche lui a Orlando, aveva promesso che sarebbe rientrato subito quando, tre giorni fa, è stato emesso un mandato di arresto nei suoi confronti in relazione alle gravi falle di sicurezza che hanno portato domenica scorsa all'invasione dei palazzi del potere della capitale. Invece qui non si è visto, forse perché durante la perquisizione di casa sua la polizia federale ha trovato la bozza di un decreto presidenziale per stabilire lo stato di difesa presso la sede della Corte Superiore Elettorale. La conferma che sia lui come Bolsonaro hanno seriamente pensato ad un golpe.
L'ex giudice della Mani Pulite brasiliana, la Lava Jato che portò all'arresto e alla condanna per corruzione di Lula, Sergio Moro, oggi senatore e già ministro della Giustizia di Bolsonaro, ha affermato che la bozza del decreto trovata a casa di Torres deve essere ripudiata. «È evidente che quanto propone quel documento è anticostituzionale: l'istituzione di uno stato di difesa anomalo rispetto al risultato delle elezioni. Che si sia soddisfatti o meno, la voce delle urne deve essere rispettata e l'opposizione deve essere fatta con mezzi democratici, sotto forma di leggi e senza violenza. Il contenuto del documento deve essere ripudiato con veemenza», ha dichiarato Moro al quotidiano Folha de São Paulo.
E mentre Lula ieri ha confermato di non fidarsi affatto delle Forze Armate, annunciando una «epurazione» delle fila di esercito e polizia conniventi con l'ex presidente Bolsonaro, ha fatto scalpore una sua telefonata fatta al dittatore del Venezuela Nicolás Maduro, che ha avuto come obiettivo la formazione di un
«blocco politico» alleato con la Russia e la Cina.Questo «blocco politico» costruirà - ha dichiarato Maduro - «nuovi poli di potere» in alleanza con la Cina di Xi Jinping e la Russia di Vladimir Putin, i «nostri fratelli maggiori».
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