Il vero Black Friday affossa le Borse. L'Europa perde fino a 390 miliardi. E crolla il petrolio

Precipitano bancari, compagnie aeree, auto e materie prime. Bankitalia: "Il nuovo incremento di casi sposta le prospettive di crescita"

Il vero Black Friday affossa le Borse. L'Europa perde fino a 390 miliardi. E crolla il petrolio

Dalla Delta alla Omicron, tira sempre aria di tragedia greca sui mercati quando di mezzo c'è una variante del Covid. L'ultima, di matrice africana, pare così brutta, da far deragliare le Borse nel più classico dei venerdì neri. Più che di sconti, è stato un Black Friday di ribassi sanguinosi: un dejà vu pandemico con incorporato quel lessico urticante, ma tristemente familiare, che nella parola «lockdown» trova la sua epitome. L'incertezza sulla capacità dell'ultima mutazione di aggirare i vaccini, i tre mesi di tempo che secondo Pfizer occorrerebbero per la messa a punto di un nuovo antidoto, i primi stop imposti ai voli da Sudafrica e Botswana e la prospettiva che la ripresa economica globale possa subire un infarto in caso di serrata collettiva, hanno messo gli investitori in modalità «risk off». Meglio vendere, uscire, limitare i danni. Se l'Asia ha lasciato sul terreno in media il 2%, l'Europa ha sacrificato sull'altare del ribasso 390 miliardi di capitalizzazione, con Milano schiacciata da una perdita del 4,6% e lo Stoxx600 crollato del 3,7%. In picchiata i titoli delle compagnie aeree (-12% Lufthansa e Ryanair, -14% Iag), bancari, auto e materie prime. A Wall Street (-2,5%) sono andati di traverso gli avanzi del tacchino del Thanksgiving, in una seduta che, da semi-festiva, si è presto tramutata in una sessione da tregenda. Si scavano trincee e ci si protegge con l'oro, salito di oltre 20 dollari l'oncia, a un soffio dalla soglia dei 1.800 dollari. È il solito moto ascensionale, quando ci sono guai e barbari alle porte. Ma la spia da panico accesa è rappresentata dallo schizzare in alto del cosiddetto «indice della paura» Vix, tornato ai livelli di febbraio dello scorso anno.

C'è già chi, come il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, comincia a far di conto: per ora è confermata una crescita del Pil quest'anno superiore al 6%, anche se «il nuovo incremento dei contagi sposta ancora in avanti la prospettiva post-Covid». Qui sta il cuore del problema. Perché l'emergere della Nu fa slittare in avanti, in un tempo non ancora determinabile, l'affrancamento totale dalla pandemia. E, subito, solleva un interrogativo: che faranno ora le banche centrali, orientate verso un ritiro graduale degli stimoli monetari e verso un rialzo dei tassi? A guardare il crollo subìto ieri dai rendimenti dei bond decennali Usa e il calo sotto l'1% di quelli sui nostri Btp, si prospetta la perdita di slancio dell'impulso restrittivo. Se giovedì Goldman Sachs prevedeva che la Fed avrebbe raddoppiato il ritmo del suo tapering e aumentato di tre volte nel 2022 il costo del denaro, ieri i trader hanno posticipato il giro di vite da giugno a luglio. Anche le scommesse secondo cui la Bce aumenterà i tassi entro la fine del prossimo anno sono adesso in rialzo di soli sei punti, la metà rispetto a lunedì. Di fatto, l'ultima mutazione del virus acutizza il dilemma se proteggere la ripresa con la sospensione dei piani restrittivi, oppure se intraprendere la lotta contro l'inflazione.

Una risposta potrebbe arrivare dal petrolio, le cui quotazioni sono collassate di oltre il 10%, nella peggiore seduta da aprile 2020, a causa dei timori di un crollo della domanda. E se la principale fonte di surriscaldamento dei prezzi si spegne, per le banche centrali sarà più semplice mantenere le bocce ferme. La tragedia avrebbe così il suo deus ex machina salvifico.

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