Con la curva dei contagi che continua a migliorare, tutti i riflettori sono puntati sul 31 marzo, ultimo giorno dello stato di emergenza. L'orientamento del governo è quello di non prorogarlo, anche se una decisione definitiva sarà presa sotto data in base ai numeri, ma cosa accadrà alle misure di contenimento? Sono in molti, ormai, a ritenere che sia giunto il momento di allentarle. A cominciare dal green pass. Nonostante quello rafforzato da ieri sia obbligatorio per tutti i lavoratori over 50, il tema di una sua imminente abolizione è sempre più attuale. Anche il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, ritiene «uno scenario possibile» il poterne fare meno dal 31 marzo. «Teniamo conto - spiega a Rai Radio1 - che oggi dobbiamo completare la somministrazione delle terze dosi per ultimare la campagna vaccinale, procedendo con questo ritmo è ragionevole pensare che per marzo potremmo avere portato a termine l'operazione, aprendo un nuovo scenario con progressivo allentamento delle misure restrittive, green pass compreso». L'obiettivo del governo, conferma Costa, è «riportare alla normalità il Paese». Si lavora «per arrivare a togliere tutte le restrizioni in un percorso graduale».
Dall'opposizione il leader di FdI, Giorgia Meloni, da sempre critica nei confronti del green pass, continua a battersi per eliminarlo: «È discriminatorio e inutile», scrive su Facebook. Posizione condivisa da Matteo Salvini, che torna a mettere in difficoltà la maggioranza chiedendone l'abolizione a marzo. Un'accelerazione non condivisa dall'azzurra Licia Ronzulli: «La Lega sbaglia, prematuro superare l'obbligo», dice a Repubblica. Per la verità anche nel mondo scientifico non manca chi ritiene maturi i tempi per dire addio al certificato verde. Da Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova («Il green pass ha esaurito il suo compito di strumento per far vaccinare gli italiani, mantenerlo oltre il 31 marzo non porterà a far immunizzare di più di quanto fatto fino ad oggi»), alla microbiologa Maria Rita Gismondo («Non esiste dal punto di vista scientifico alcuna motivazione perché resti in essere»), fino a Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma («Credo che il suo compito sia finito e oggettivamente in condizioni di ulteriore riduzione dell'epidemia si potrebbe togliere»). Anche Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia, non è d'accordo con il consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza, Walter Ricciardi, che vorrebbe mantenere il green pass per tutto il 2022: «Se portato avanti oltre il 31 marzo, sembra un'implicita incapacità dello Stato a far rispettare le proprie leggi», osserva.
Anche la scuola comincia a pensare se e come potranno cambiare le cose dopo il 31 marzo. I protocolli sono già stati semplificati, ma Rossano Sasso, sottosegretario dell'Istruzione, confida che con la fine dello stato di emergenza possano esserci ulteriori alleggerimenti. «Tutti gli indicatori, le analisi e i pareri degli esperti ci dicono che la situazione pandemica migliora giorno dopo giorno.
Dunque - sostiene - prorogare lo stato di emergenza oltre il 31 marzo sarebbe inutile, oltre che dannoso. Anche la scuola dovrà essere necessariamente coinvolta nelle modifiche dei protocolli imposti dalle autorità sanitarie. Adesso tocca alla politica decidere».
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