Poteva andare molto peggio. La cattedrale di Notre-Dame di Parigi poteva essere devastata: invece stiamo valutando gli ingenti danni, non le macerie. Dopo che il fuoco è stato domato alle 5 di mattina (sono serviti 500 pompieri, per 10 ore), possiamo con la cautela dettata dalla provvisorietà delle informazioni elencare ciò che si è salvato e ciò che è stato distrutto.
Il Ministero della Cultura francese, tramite i suoi enti di riferimento, come l'Institut national du patrimoine, l'Istituto francese di Restauro delle opere d'arte (IFROA) e l'Institut national pour la recherche préventive (INRAP) sta improntando sopralluoghi, trasferimenti, diagnosi e rilievi, che sono iniziati non appena le fiamme sono state soffocate ed è stato effettuato il raffreddamento delle strutture brunite dal fumo.
Il rogo ha avvolto e fatto crollare la grande guglia, chiamata dai francesi la «flèche", la freccia, realizzata in ghisa nel 1860 dall'architetto Eugène Viollet-le-Duc che, tra il 1843 e il 1864, compì un restauro stilistico molto invasivo sull'intera chiesa.
Il fuoco si è mangiato i due terzi della copertura ottocentesca dell'edificio e il telaio di sostegno sottostante, che invece era stato realizzato nel XIII secolo, utilizzando, così si dice, il legno di oltre 1.300 querce.
Ci sono stati danni anche sulle grandi vetrate, di struggente bellezza, ma tra di loro hanno un diverso peso storico: il meraviglioso rosone della facciata, pur rimaneggiato nel tempo, ha vetri che rimontano all'epoca dell'edificazione (1250-1260) ed è salvo; le vetrate della Leggenda di Santa Genoveffa, invece, sono state realizzate da Alfred Gérente tra il 1845 e il 1850, mentre altre sono state create tra il 1937 e gli anni Sessanta da Jacques Le Chevallier. Danni nel piccolo rosone del transetto destro.
Per fortuna l'incendio non è riuscito a far collassare le volte principali in pietra delle cinque navate, che hanno imbottito e protetto l'interno dell'edificio. Le campate hanno retto: gli archi acuti, che convergono nelle volte a crociera, sono riusciti a contenere all'esterno la propagazione delle fiamme.
Infatti ci sono stati crolli nel transetto e in singole sezioni, ma non c'è stato cedimento strutturale.
Così appena l'incendio è stato estinto, i vigili del fuoco sono entrati nella cattedrale e hanno iniziato a portare al sicuro, dentro all'Hotel de Ville e poi al Louvre, quanti più cimeli e opere d'arte. Sicuramente dovranno esser messi sotto verifica di restauro la pala San Giobbe di Guido Reni (1622-1636), la pala San Bernardino da Siena di Ludovico Carracci, i dipinti dei pittori francesi tra Seicento e Ottocento, tra cui Charles Le Brun, Joseph-Marie Vien, Jacques Blanchard, e la bellissima Visitazione di Jean Jouvenet (1716). I manufatti e le opere non trasportabili sono stati messi al riparo dall'acqua che grondava dalle pareti superiori. Dovranno essere vagliati, tra le sculture, il capolavoro inamovibile di Jean-Baptiste Pigalle, custodito sulla parete orientale della cappelle Saint-Guillaume, ovvero il Mausoleo del conte Harcourt (1776); i bassorilievi lignei del coro, realizzati dagli artisti Pierre de Chelle, Jean Ravy e Jean Le Bouteiller (1300-1350); le 37 rappresentazioni della Vergine che conta la cattedrale, tra cui una statua lignea trecentesca di Madonna con bambino; la Pietà di Nicolas Coustou (1712-1728).
Sono incolumi invece la sacra Corona di Spine, un pezzo della Croce, un chiodo della Passione, la tunica di San Luigi. L'organo maggiore (1733) è stato leso.
Poteva essere un'ecatombe dell'arte. Non lo è stata.
La Francia ha maturato nei decenni una comprovata capacità di restauro, affinata nelle scuole di eccellenza. Ora ne dia operosa prova al mondo.
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