Alla fine l'incontro c'è stato e, a quanto pare, in un clima cordiale. Papa Francesco, oltre al presidente ungherese Janos Ader, ha incontrato a Budapest l'inviso premier Viktor Orban. Niente di sorprendente se non fosse che, fino a qualche giorno fa, aleggiava qualche ombra di incertezza, sollevata dallo stesso pontefice. Bergoglio, infatti, aveva affermato in un'intervista di non sapere se avrebbe incontrato il premier magiaro, in una delle capitali del sovranismo. Un messaggio che in qualche modo rimarcava la distanza tra il Vaticano e politica del governo ungherese. D'altronde, sui migranti e sulla gestione dei relativi flussi la posizione di Papa Francesco è diametralmente opposta a quella di Orban. Il Pontefice, da quando è salito al soglio, ha sostenuto e predicato i principii di solidarietà e accoglienza con addirittura più forza rispetto ai suoi predecessori. La visione simile su temi come la bioetica o i diritti degli omosessuali non sembrano sufficienti ad avvicinare a Bergoglio a Orban.
Il premier magiaro, dal canto suo, non solo ha sempre ribadito di voler preservare l'indentità culturale e religiosa del Paese, ma ha messo in pratica questo pensiero, comune alla maggior parte degli ungheresi, sbarrando le porte agli immigrati. E non è poi da sottovalutare il fatto che gran parte della Chiesa ungherese sia schierata con Orban. Questa, di fatto, è la dimostrazione che la Chiesa non sia un monolite sulle questioni temporali. Ed è un discorso che si può allargare a tutti quei Paesi europei del gruppo Visegrad (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca) dove il cattolicesimo, nonostante si viva in un'epoca di relativismo e secolarizzazione, è rimasto un punto fermo. Non a caso, sono proprio questi i Paesi dove ci si battezza di più, ci si sposa di più in chiesa e dove il numero dei cattolici praticanti è tra i più altri d'Europa. Questo ha spinto il Vaticano a muoversi con passi felpati e ad affermare che quella in Ungheria non sia una visita di Stato ma un "viaggio spirituale" per celebrare la Messa conclusiva del 52mo Congresso eucaristico internazionale.
Non a caso, infatti, dopo l'incontro di 40 minuti col premier Orban, la sala stampa vaticana ha comunicato che nei colloqui si è parlato del "ruolo della Chiesa nel Paese, l'impegno per la salvaguardia dell'ambiente, la difesa e la promozione della famiglia". Insomma, temi non divisivi in vista anche della seconda tappa del viaggio, cioè la Slovacchia, che è rimasta una roccaforte del cattolicesimo.
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