
L'abitudine di dimenticare che la guerra di Israele è la risposta obbligata alle atroci azioni di Hamas, che ne minacciano la distruzione, è molto simile a quella che sembra dominare i commenti sul viaggio di Netanyahu in Ungheria e sulla condanna, sua e di Orbán, della Corte penale internazionale. Iuri Maria Prado ha scritto che è stata guardata anche dagli «eserciti del garantismo» come «un centro di orientamento oracolare». È così. Normalissimo, per la stampa, che Netanyahu sia trattato da criminale di guerra. Anzi, va biasimato perché ha visitato Orbán, pecora nera dell'Ue. C'è sotto una congiura autoritaria. Perché Israele si deve biasimare comunque. E si scatena un biasimo virtuoso e antisemita sugli aspetti umanitari (che Israele ha invece rispettato con cibo, avvertimenti, rispetto delle regole) e sulle cifre dei morti (supergonfiate, basta verificare le inchieste serie).
Ora se si parla di viaggio a Budapest, si dimentica, incuranti, il senso politico della visita di Netanyahu: toccare di nuovo in sicurezza il suolo europeo, sfidare la Cpi e la menzogna che rappresenta. Molti giornali la citano come se questa istituzione avesse agito legalmente, non come se avesse tradito il suo compito per motivi politici; la decisione politica era quella di bloccare Israele, e quindi di condannarlo a perdere la guerra. La Cpi, istituzione che ha accolto a pieno lo «Stato palestinese», ha deciso di arrestare l'unico capo di Stato democratico del Medio Oriente, in parallelo con Sinwar, l'arci assassino. Prove insensate, testimoni di parte. Ma poca opposizione: qualcuno ha osato dire che non c'è giurisdizione (l'Italia e la Francia, per fortuna), e qualcuno non ci sta (la Cecoslovacchia, il Belgio). Ma solo Orbán e gli Usa sono usciti dal giuoco onusiano dell'attacco istituzionale a Israele, un giuoco «corrotto» come ha detto Netanyahu a Budapest. Da là Israele ha voluto suonare la squilla di una nuova legalità internazionale, fuori dall'Onu, marcia quando si parla di Israele, mentre la Cpi è corrotta. Come Guterres disse che il 7 ottobre «non accade nel vuoto» per via di una inesistente «occupazione durata 75 anni», così adesso si vuole scoprire un'internazionale di semidittatori, specie da quando si sa che il premier israeliano lunedì va a trovare Trump.
Netanyahu cerca in Usa una tessitura internazionale nuova: anche Israele è investita dal problema dei dazi, va a discutere le soluzioni. Lo scenario mediorientale è del tutto nuovo: oltre ai rapiti e Gaza, due realtà aspettano decisioni. Sull'Iran sciita, Trump soppesa distruggere le strutture atomiche e un accordo; sul fronte sunnita Turchia e Qatar sono bellicosi e ringalluzziti dai fallimenti del fronte sciita. Israele ha l'intenzione, ma non le armi, per tenere tutto a bada.
La visita a Orbán, e poi negli Usa, progettano una determinazione alla sopravvivenza. Non è ovvio, sembra. E allora non scandalizzatevi se Netanyahu va a trovare il premier ungherese e se Trump ha il buon senso di incontrare il piccolo Paese che si batte per la libertà di tutti dal terrorismo.
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