"La vittoria in Italia del centrodestra un bene per l'Europa"

Il politologo americano: "I media usano la parola fascista per chiunque sia di destra"

"La vittoria in Italia del centrodestra un bene per l'Europa"

Negli ultimi anni nel mondo intellettuale e accademico conservatore americano si è diffusa una corrente di pensatori più attenta allo studio del mondo europeo e ai temi sociali, meno interventista in politica estera e perciò distante dalla linea teocon. Alcune di queste figure hanno dato vita a «Post liberal order», un progetto editoriale ideato da Patrick Deneen, Chad Pecknold, Adrian Vermeule e Gladden Pappin. Pappin è una delle voci più autorevoli di quest'area della destra americana, cofondatore della rivista «American Affairs» e professore associato all'Università di Dallas, è un attento osservatore della politica italiana e in particolare del mondo cattolico, lo abbiamo intervistato.

Una certa propaganda sostiene che una vittoria del centrodestra rappresenterebbe un pericolo per il collocamento internazionale dell'Italia e per i rapporti con gli Stati Uniti, è così?

«Una vittoria del centrodestra sarebbe una notizia positiva per l'Europa. Sono convinto che nel vostro Paese ci sia una maggioranza silenziosa di destra, negli ultimi anni i governi di sinistra in Occidente hanno portato avanti politiche lontane dai voleri del popolo ma questa volta c'è una maggioranza silenziosa che può prevalere in Italia».

Quindi non crede la destra italiana sia «una pericolosa coalizione fascista» o, come scrivono alcuni giornali stranieri tra cui il «New York Times», ci possa essere un rischio di fascismo in Italia?

«Dopo la vittoria di Trump nelle presidenziali del 2016, i mainstream media usano la parola fascista per descrivere ogni persona di destra. Ora molti americani hanno capito che è solo un tentativo politico per attaccare i repubblicani. Il movimento conservatore in Italia e in Europa è cresciuto molto negli ultimi anni ed è serio e maturo portando avanti un approccio basato sulle esigenze del popolo. Penso che questa narrazione non abbia più impatto sulle persone».

Dovendo tracciare un'agenda per un governo di centrodestra italiano, quali sono a suo giudizio i temi più importanti da affrontare?

«In campo economico le priorità per l'Italia sono il taglio della burocrazia e il sostegno alle imprese italiane a partire dal reperimento delle materie prime. La guerra in Ucraina ha fatto esplodere la crisi del supply chain (catena di approvvigionamento) con conseguenze sull'economia occidentale e perciò anche italiana. C'è poi un altro tema molto importante ed è la natalità. Mentre c'è chi propone l'immigrazione come una soluzione al crollo della natalità, al contrario è necessario portare avanti politiche a supporto della famiglia, avere più bambini significa investire sul futuro».

In questi giorni la sinistra ha accusato il centrodestra di avere legami con la Russia, secondo la sua esperienza e i suoi rapporti, pensa che il centrodestra italiano sia atlantico e pro Occidente?

«Italiani, francesi e spagnoli hanno molto in comune e condividono una visione realista della politica estera, un approccio che appartiene sempre di più anche ai conservatori americani che sono diventati molto più scettici su una politica estera aggressiva. Senza dubbio la destra italiana è occidentale ma dovete pensare a difendervi dal crescente pericolo della Cina».

Perché sostiene la Cina rappresenti un pericolo per l'Italia?

«La Cina è un pericolo per tutto l'Occidente, ci sono interi settori industriali che dipendono dai cinesi, dobbiamo pensare a come difendere le nostre industrie e la nostra economia dall'influenza cinese, questo è un aspetto fondamentale».

Vede una situazione critica anche per l'Unione europea?

«La forza dell'Europa sono le sue nazioni eppure l'Unione europea, che vorrebbe presentarsi al mondo come una realtà forte

e influente, dimentica e cancella i propri valori fondanti. Quando i leader delle altre potenze mondiali osservano le scelte dell'Ue e degli Stati Uniti che nascono dalle follie dell'ideologia liberal si mettono ridere».

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