Preziosi: «Colombo fu un eroe ho il gusto della sfida come lui»

Nel musical «Datemi tre caravelle» vestirà i panni del navigatore

Lucio Giordano

da Roma

Cristoforo Colombo salpa per Taormina. No, nessun errore di rotta. Semplicemente il condottiero genovese, dopo aver conquistato più di 500 anni fa l'America, ora vuole conquistare anche il pubblico del Teatro Antico, dove il 27 luglio Datemi tre caravelle!, commedia musicale interpretata da Alessandro Preziosi e Nicky Nicolai, terza al festival di Sanremo, verrà proposta in anterprima nazionale, per la regia del premio oscar Gianni Quaranta. Commedia che negli Stati Uniti arriverà nella seconda metà del 2006, al Metropolitan theater di New York. Non prima però di aver fatto tappa al Politeama di Genova nella scontata data del 12 ottobre di quest'anno e poi al Sistina di Roma.
Sente di somigliare in qualche modo al navigatore genovese, Preziosi?
«Sì, non tanto fisicamente ma nel gusto per la sfida che ha accompagnato anche tutte le mie scelte artistiche. Io questo progetto lo vedo come un segno del destino. E Colombo per me è un eroe. La sua determinazione, la sua fede, lo hanno portato a coronare un sogno, a realizzare una scoperta che, senza retorica, ha cambiato il mondo».
La sua impresa sarà invece cantare, oltre che recitare.
«E non sarà facile. Io sono anche un musicista, ma cantare, sulle note jazz dello spettacolo, è davvero un'altra cosa. Sto dunque prendendo lezioni, mi sto esercitando da mattina a sera».
Attori che fanno i cantanti, cantanti che fanno gli attori, le scenografie cubiste di Gianni Quaranta...
«Sarà una bella sfida artistica, nella quale credo fortemente».
Lei, lanciato da Elisa di Rivombrosa nei panni del conte Ristori, da un anno è tornato al suo primo amore: il teatro. Sta rinnegando il successo televisivo?
«Per carità, a Elisa di Rivombrosa devo la svolta della mia carriera. Se lo scorso anno ho riempito i teatri italiani con un testo difficile come il Re Lear di Shakespeare, se al fianco di Violante Placido di recente ho interpretato Il furto della gioconda, un film diretto da Fabrizio Costa che racconta le peripezie di un ladro d'origine italiana intenzionato per amore e patriottismo a rubare il quadro al Louvre di Parigi e riportarlo nel nostro Paese, lo devo proprio al conte Ristori. Che nella seconda serie, in onda su Canale 5 in autunno, resterà ancora per due puntate. Fino a quando verrò fatto fuori».
Come l'ha cambiata il successo inatteso ed esplosivo di quella fiction?
«In nessun modo perché fortunatamente è stato breve ed improvviso. E così non mi sono guastato. Semmai ora, dopo Elisa, ho la chance di scegliere copioni e mezzi espressivi: il sogno di molti attori».
E nella vita privata?
«Mi sono abbottonato. Prima parlavo di tutto, con la gente, con i giornalisti. Adesso invece ho paura a farlo: le mie parole rischiano di essere fraintese».
E poi stando con Vittoria Puccini la grancassa del gossip ha rimbombato per mesi. E continua a rimbombare.
«Infatti anche questo amore, vero, sincero e pulito ha inciso moltissimo sulla mia decisione di pesare le parole. Siamo due personaggi pubblici, d'accordo. Ma abbiamo tutto il diritto di vivere la nostra storia lontano dai riflettori. Così sono diventato più diffidente verso il prossimo».
Un figlio, Andrea, otto anni, avuto da un'altra donna e di cui lei parla sempre con profondo amore. Le è mai venuta la voglia di ripetere un'esperienza così bella?
«Sì, ma parlarne è prematuro: Vittoria ed io non sentiamo l'urgenza di un figlio. Io prima voglio dedicare tutto il mio tempo libero ad Andrea, voglio consolidare la mia carriera, coronare tanti piccoli sogni artistici. Segni del destino. Con Datemi tre caravelle! ad esempio andrò in scena anche al Teatro Manzoni di Milano, un fatto che per me ha un significato particolare».
È un significato che possiamo raccontare ai lettori del Giornale?
«Perché no? Dopo la laurea in giurisprudenza, contro il volere dei miei genitori sono partito per Milano. Volevo diventare attore e così, per mantenermi, lavoravo in un bar: pochi soldi e affitti pagati per il rotto della cuffia. Un giorno il padrone di casa mi sfratta, io non so dove andare.

La prima sera “parcheggio” il mio corpo su una panchina del Teatro Manzoni. Guardo l'ingresso e prima di addormentarmi fantastico: un giorno tornerò in questo teatro per recitare. Sembra che quel giorno stia arrivando».

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