Processo Mills: sprint finale per incastrare Berlusconi

Si procede a tappe forzate per arrivare a una sentenza l’11 febbraio. Il commento dell'ex premier: "Paradossale, comunque è già prescritto"

Processo Mills: sprint finale per incastrare Berlusconi

Milano - Il ribaltone arriva improvviso e, per il momento, difficilmente spiegabile. Appena una settimana fa il processo a Silvio Berlusconi per l’affare Mills sembrava avviato inesorabilmente a essere inghiottito dalla prescrizione, giornali autorevoli avevano intonato il de profundis e persino il pubblico ministero Fabio De Pasquale sembrava rassegnato a vedere i suoi sforzi per incastrare il Cavaliere svanire nel nulla. Invece ieri mattina lo scenario cambia di colpo. Il tribunale che sta processando l’ex presidente del Consiglio si presenta in aula programmando altre udienze nuove di zecca, spazi repentinamente liberatisi nella fitta agenda della decima sezione penale. E si scopre che ancora prima, il pm De Pasquale e i difensori di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo, si erano accordati per un calendario delle udienze che accompagnava il processo fino alla sentenza.

Così, ecco la decisione: si va avanti a tappe forzate, a ripartire da mercoledì prossimo. Si conclude con un paio di udienze l’interrogatorio di David Mills, l’avvocato inglese che si sarebbe fatto corrompere da 600mila dollari targati Fininvest. Poi si dà la parola all’accusa e alla difesa. E l’11 febbraio si va alla sentenza. A tredici anni di distanza dai fatti, e quando mancheranno appena sette giorni alla prescrizione che avrebbe cancellato tutto. Uno sprint sul filo di lana che neanche Pietro Mennea.

La difesa di Berlusconi ieri appare improvvisamente rassegnata. E lo stesso ex premier, abbandonando l’aula, pur continuando a rivendicare la propria innocenza sembra prendere atto che alla sentenza si arriverà, ed è possibile che non sia favorevole. Dice Berlusconi: «È un cosa paradossale. Il ministro della Giustizia ha dichiarato che in Italia ci sono nove milioni di processi di processi con 140mila prescrizioni all’anno. A Milano invece processano soltanto il sottoscritto: ci sono sessantuno udienze da qui a luglio, sessantuno udienze! Questo processo va avanti anche se io dovrei essere assolto con formula piena perché Mills ha ribadito anche oggi che i soldi li aveva avuti da Attanasio e quindi è caduta la base dell’accusa. E comunque è un processo già prescritto perché la prescrizione è il 18 febbraio e quindi qualunque sentenza intervenga non avrà nessun effetto giuridico perché non ci sarà nessuna possibilità né per la parte né per il pm di interporre appello. Quindi non si capisce come si continuino a spendere i soldi degli italiani in esercitazioni assolutamente inutili».

Lo scenario insomma è questo: a meno di nuovi colpi di scena l’11 febbraio il tribunale presieduto da Francesca Vitale entra in camera di consiglio e ne esce con la sentenza. Sette giorni più tardi il reato è prescritto. Quindi anche se la Vitale - facendo propria l’analisi compiuta in passato dai giudici che hanno giudicato a parte David Mills - dovesse riconoscere Berlusconi colpevole e condannarlo, i legali ricorrerebbero in appello e otterrebbero sicuramente almeno un proscioglimento per prescrizione. Ma il marchio di colpevolezza resterebbe in qualche modo comunque su Berlusconi, e la Procura si vedrebbe riconosciuto di non avere indagato invano.

Come si sia arrivati a questo brusco rannuvolamento del clima giudiziario intorno all’ex premier è un bel quiz. Di certo, segnali positivi non arrivano neanche dall’aula dove ieri mattina si celebra un altro processo che riguarda il Cavaliere, quello a Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora, accusati di avere reclutato escort per le feste private di Berlusconi. Si rompe il fronte delle Olgettina Girls, le ragazze che secondo la Procura allietavano le serate, e che finora avevano sempre negato rapporti sessuali a pagamento. Due di loro, Barbara Guerra e Iris Berardi, chiedono e ottengono di costituirsi parte civile contro Nicole Minetti. Per la Procura è un successo.

E, unito a quanto accade poco dopo nell’aula del processo Mills, sembra smentire chi si illudeva che il «passo indietro» di Berlusconi da Palazzo Chigi segnasse la fine di un braccio di ferro con i giudici che dura da quasi diciott’anni.

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