Roma - Raccontano che Anna Finocchiaro, dopo averlo letto, abbia sbattuto contro il muro il disegno di legge sul «processo breve» del Pdl. Un gesto di rabbia che sorprende, visto che a luglio del 2006 c’era anche la sua firma sotto un ddl quasi fotocopia. Insieme ad altri senatori della sinistra, Brutti, Calvi, Casson e Pegorer, l’attuale capogruppo del Pd voleva fissare in 2 anni il tempo massimo per ogni fasedel processo,dopodiché «il giudice dichiara non doversi procedere per prescrizionedel procedimento».
Proprio quello che propone ora il provvedimento Gasparri- Quagliariello-Bricolo. E allora, perché tanta foga contro un disegno di legge che la Finocchiaro definisce «segno d’ingiustizia», «incostituzionale e moralmente inaccettabile»?
L’iniziativa della sinistra era mossa dall’urgenza di abrogare la ex-Cirielli del 2005, che riduce i tempi di «prescrizione del reato». Voleva farlo fissando a 6 anni il tempo massimo per i tre gradi di giudizio, in base alla distinzione del concetto di «prescrizione del processo». Questa sì, scrivevano i firmatari, «si muove nel solco dell’ esigenza di una “duratara gionevole” del processo». In pratica, si riproponeva a Palazzo Madama il testo presentato nella precedente legislatura da Elio Fassone, senatore Ds già toga di Magistratura democratica, insieme sempre a Calvi, Ayala eMaritati.
Erano proprio convinti, a sinistra, della bontà di questa proposta, tanto che la Finocchiaro ci ha messo la faccia. E adesso è esposta alle critiche del centrodestra, che l’accusa di «ipocrisia». L’attacco di Maurizio Gasparri è pesante: «Sulla giusta durata dei processi la Finocchiaro aveva presentato una proposta di legge non solo simile alla nostra: 6 anni massimo il tempo per concludere i processi,ma aveva evitato di escludere da questa proposta i mafiosi, gli stupratori e altri reati gravi. Noi, invece, per mafia, stupro e altre violenze prevediamo tempi più lunghi».
E il coordinatore del Pdl Sandro Bondi rincara la dose: «Esponenti di primo piano della sinistra italiana, e mi spiace annoverare fra questi anche l’ex pubblico ministero Finocchiaro, hanno la predisposizione a cambiare idea a seconda delle convenienze politiche contingenti». Lei, la capogruppo del Pd, replica subito: «Gasparri e Bondi non sanno leggere e non sanno quello che dicono e, se lo sanno, mentono. Le nostre proposte sono molto diverse da quella del “salva processi” di Gasparri e Quagliariello».
Non entra nel merito la Finocchiaro, non spiega dove e come sono queste fondamentali differenze. Forse, si pensa subito, non ci sarà l’applicazione delle nuove regole ai processi in corso, visto che la Finocchiaro mette sul banco degli imputati il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, chiamandolo in aula a dire «quanti processi questo provvedimento manda al macero». E invece no. La retroattività c’è eccome, anche se non proprio esplicita. Si legge all’articolo 6 che «nei procedimenti in corso all’entrata in vigoredella presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti, se più favorevoli all’imputato». Incaso contrario, dunque, si applicano le nuove norme.
È il principio del favor rei: «Nei procedimenti in corso - si legge nell’introduzione al ddl- il termine di prescrizione sarà quello risultante in concreto più vantaggioso per l’imputato». In questo passaggio, per essere chiari, si parla del regime transitorio per la nuova regola della prescrizione del processo. Ma di fronte alle critiche insorge anche Casson, dicendo che le proposte del Pd sono «ben diverse dal salva process » del Pdl,soprattutto perché prevedono che «dal momento in cui perviene all’autorità giudiziaria la notizia di reato almomento della sentenza di primo grado possano decorrere 6 anni».
Si dilatano a 4 i 2 anni per le indagini
preliminari, ma la filosofia della norma rimane sempre la stessa del ddl sul «processo breve». Che allora l’opposizione dovrebbe accettare di discutere ed eventualmente modificare, visto che è solo all’inizio del cammino parlamentare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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