I matti cantati da Cristicchi esistono con tutti i loro tremori, sentimenti e allucinazioni. Anche in Liguria. Ma il contesto e la situazione della neuropsichiatria, delle strutture pubbliche e private che oggi ospitano nella nostra Regione i malati psichici non è certo quella descritta nel testo «Ti regalerò una rosa». Questo in sintesi è quanto spiegano al Giornale autorevoli medici che con i liguri afflitti da patologie mentali hanno a che fare quotidianamente.
«Negli anni '60 i pazienti ricoverati nei manicomi di Quarto e Cogoleto erano 3500 - spiega Bruno Orsini - oggi i manicomi non esistono più e ci sono ben altre strutture». Orsini, storico primario dell'ospedale psichiatrico di Quarto, poi parlamentare e sottogretario alla Sanità in sette governi della prima Repubblica, è stato anche uno degli artefici della legge Basaglia che ha permesso la chiusura dei manicomi di tutta Italia. «La legge è entrata in vigore nel 1978 - aggiunge - ma è altrettanto vero che in Liguria, quando sono tornato dalla mia esperienza parlamentare, negli anni '90 i manicomi esistevano ancora. Nel 95 sono diventato "direttore al superamento dell'ospedale psichiatrico" e solo nel '99 ho dimesso l'ultimo paziente». Parallelamente però - è bene sottolineare - anche in Liguria si sono sviluppate comunità terapeutiche psichiatriche e Bruno Orsini, oggi, dirige proprio una di queste.
Da Imperia alla Spezia oggi esistono otto piccole efficienti strutture che permettono, in determinate condizioni, per brevi periodi e con numerose garanzie un ricovero coatto. «Questo l'ho voluto io nella legge 180, e lo stesso Basaglia era contrario - aggiunge Orsini - ma è necessario perché la patologia mentale è una patologia della libertà che talvolta non permette ai malati di rendersi conto della propria infermità». Oggi i pazienti liguri ricoverati in queste strutture sono duecento al massimo e come assicurano i medici è solo per necessità. Potrebbe quindi essere pericoloso strumentalizzare queste situazioni che come dimostrano i numeri (200 contro 3500, ndr) sono decisamente marginali rispetto al passato.
Il più duro nel commentare la canzone vincitrice a Sanremo però è un primario della riviera di Levante che preferisce non esporsi con nome e cognome: «Nella canzone di Cristicchi abbiamo il solito stereotipo del malato psichico, voluto da una certa parte politica. Basta ritrarre questi pazienti come malati penalizzati, su cui ci sono abusi, per cui c'è sempre insensibilità da parte dei medici e per cui non esiste una terapia scientifica. È un bene che di questi problemi se ne parli, ma in questo modo proprio non se ne può più».
A criticare Cristicchi, ma in maniera decisamente più soft è anche la dottoressa Domenica Maria Rosolia, psichiatra e presidentessa regionale Diapsigra, associazione che unisce famigliari e parenti dei malati psichici. «Il fatto che si affrontino questi temi è pur sempre positivo e io non ho dubbi che l'Antonio descritto nella canzone sia realmente esistito. Oggi però - aggiunge Rosolia - per lo meno in Liguria, mutilazioni psicologiche al paziente è certo che non esistano più, perché la negazione dell'essere persona, delle sue emozioni e del suo amore, fortunatamente sono solo un ricordo».
Tutti i medici intervistati però hanno sottolineato la situazione mediamente buona, con picchi di eccellenza, delle strutture sia pubbliche sia private presenti sul territorio regionale. Di questo avviso è anche Roberto Ghirardelli, primario per 25 anni del centro di salute mentale di via Peschiera che però non risparmia dure critiche al sistema. «Il superamento dell'istituto manicomaniale è stato ed è complicato a causa dell'inerzia del settore pubblico, in seguito anche a una forte resistenza sindacale, che di fatto ha ostacolato la trasformazione di vecchie strutture in alcune nuove pronte a raccogliere le proposte della neuropsichiatria moderna» spiega Ghirardelli. E aggiunge: «Per questo i privati hanno moltiplicato le comunità terapeutiche, perché si doveva sopperire a quello che il pubblico non ha fatto».
Parlando di neuropsichiatria moderna tutti però rivendicano la scientificità di questa branca della medicina che oggi attraverso psicoterapia e pscicofarmalogia può portare a ottimi risultati. Per questo è mal digerita la canzone sanremese che nel testo riporta: «Per la società dei sani siamo sempre spazzatura (...) questa è la malattia mentale per cui non esiste cura». «Una cura almeno palliativa c'è sempre - chiarisce Orsini - e se a dire quei versi è un paziente che come racconta la canzone, alla fine si suicida, non mi stupisce: non ho ancora incontrato un depresso convinto di poter guarire». Cantare questi versi «è falso, negativo e sbagliato come messaggio e favorisce lo stigma nei confronti di questi pazienti» accusano in coro. «A fine maggio organizzeremo a Genova un convegno nazionale importante proprio al fine di spiegare le buone pratiche in salute mentale, tra medici e famiglie per vestire la psichiatria di scientificità» aggiunge Rosolia. «È comunque vero - precisa Ghirardelli - che il disagio, la disperazione delle persone e delle famiglie che emergono nella canzone sono veri, ed è vero che in certi casi non si guarisce, come però anche in altre malattie, e per questo serve la ricerca».
C'è però chi di Sanremo preferisce non parlare: «Il lavoro è sempre tanto - abbozza il primario genovese Filippo Gabrielli - e non abbiamo tempo per discutere di canzoni». Tra i corridoi e gli ambulatori del padiglione 32 A di San Martino nessuno di Cristicchi sa praticamente nulla.
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