Quei regali che fanno bene solo a Bossi

(...) almeno al Nord non si può fare a meno. Un esempio? Vigevano. Che, evidentemente, non è Milano, però domenica scorsa a Vigevano è successo qualcosa che da Milano si farebbe bene a valutare con attenzione. Al ballottaggio si confrontavano Lega e Pdl, non alleati ma antagonisti (in un angolo, quasi irrilevante, il Pd) a causa di una particolare vicenda politica locale. Ha vinto la Lega con una maggioranza perfino esagerata, se non inquietante, intorno al 70 per cento. Raccogliendo anche i voti di quanti, a sinistra, hanno preferito turarsi il naso anziché andare al mare. Vigevano non è Milano, dicevo: e infatti qui il consenso per il Carroccio è sotto la media lombarda. Ma in decisa crescita e comunque determinante per dare la maggioranza al centrodestra. E dunque se, anche a causa del malumore finiano, nel 2011 il Carroccio decidesse di fare a Milano come a Vigevano? Prima di definire impossibile e assurda questa ipotesi, consiglio di riflettere sulla circostanza che fino all’altro ieri a nessuno sarebbe venuto in mente che Bossi si candidasse a succedere alla Moratti. Una provocazione, un modo per alzare la posta, si dice. Può darsi, magari per ottenere in cambio una posizione determinante nella potentissima Fondazione Cariplo, «cassaforte» di Banca Intesa - «Ora a noi le banche del Nord», ha ammonito l'Umberto. E allora niente di strano se la provocazione si spingesse fino ad annunciare che per Palazzo Marino la Lega corre da sola. E vedere l’effetto che fa. Poi, eventualmente, al ballottaggio se ne riparlerà. Come reagirebbe il Pdl? Dapprima respingendo con sdegno la minaccia definita «un inaccettabile ricatto», cominciando però immediatamente a trattare, magari parlando di banche, appunto.
Il caso Vigevano è, in realtà, l’ennesimo avvertimento del Nord al Pdl: per molti il partito subisce un processo di romanizzazione e meridionalizzazione che lo porta a trascurare il Nord, la Lombardia e Milano. Esattamente il contrario di quello che lamenta Fini. Lo stesso governo, pur definito «amico del Nord», appare nei fatti sempre più sensibile ad altre esigenze che spesso si presentano sotto forma di emergenze. Accogliere le proteste (o i pretesti) di Fini non farebbe che accentuare questo processo.
L’ultima manifestazione del differente orientamento dell’ascolto e dell’attenzione è stata la marcia dei 500 sindaci lombardi di ogni colore organizzata dalla Lega ma disertata dalla Moratti, il più importante dei sindaci del Pdl, per chiedere almeno una moratoria di quel giugulatorio «patto di stabilità» che, di fatto, blocca gli investimenti solo delle amministrazioni con i conti in ordine. Una esenzione già concessa, invece, a Roma, Palermo e Catania. Anche se - strana contraddizione - l’arcigno ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, è l’uomo del Pdl più vicino alla Lega.

Insomma, per non subire altri danni dal Carroccio, in termini elettorali e di potere, al partito del presidente del Consiglio non resta che, ignorando i mugugni finiani, manifestare con i fatti una nuova e reale attenzione verso il Nord. Diverse volte in passato Milano in particolare ha dimostrato che se la si trascura contando sulla sua fedeltà si commette un errore fatale.

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