Quei ricchi e poveri eroi che nobilitano lo sport

L'anno che ci saluta è stato quello di una commovente storia con protagonista un perfetto sconosciuto e di un'altra toccante che ha avuto come interprete un campione trattato quasi fosse un perfetto sconosciuto

Quei ricchi e poveri eroi che nobilitano lo sport
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Certo, Sinner, il primo numero uno della nostra vita tennistica, la Davis, le Atp Finals, i valori della famiglia, il bravo ragazzo, l'Italia, l'Alto Adige, la Val Pusteria, il suo italiano parlato, il suo tedesco parlato, il suo inglese parlato come l'italiano, da qui non se ne esce, non c'è scampo e sarebbe anche ingiusto cercarlo: il 2024 è stato l'anno di Jannik e l'inizio del 2025 sarà di nuovo tutto suo tra Australian Open alle porte e l'accanimento Wada per la vicenda doping. L'anno che ci saluta portando con sé una valigia di emozioni tennistiche, olimpiche e paralimpiche è però stato anche l'anno di una commovente storia con protagonista un perfetto sconosciuto e di un'altra toccante storia che ha avuto come interprete suo malgrado un campione trattato quasi fosse un perfetto sconosciuto.

Diego Pettorossi, sprinter dei 200 metri, e Carlos Sainz, ormai ex pilota Ferrari, sono gli eroi al contrario del 2024 e magnifici testimonial del senso dello sport. Lo sono anche se appartengono a vite non paragonabili: Diego lavora con stipendio fisso e analizza dati e software, per allenarsi deve chiedere lo smartworking e se non concesso gli tocca giocarsi la carta dell'aspettativa che poi vuol dire niente stipendio. Non il massimo per dedicarsi allo sport con serenità. Carlos è ricco di famiglia, ha contratti a tempo determinato ma sono tutti a sei zeri e ad allenarsi per la Ferrari ci va guidando la sua Ferrari, il che rispetto a Diego in aspettativa fa una bella differenza. Eppure entrambi, come atleti, hanno dato l'anima per il proprio sogno. Pettorossi ci è riuscito iniziando il 2024 con l'obiettivo ardito di arrivare alle Olimpiadi partendo dall'ufficio, non dalla pista. Impiegato in un'azienda di software a San Antonio, Texas, John Wayne e dintorni, ha fatto tutto da solo non potendo contare sull'appoggio dei gruppi militari, unico modo negli sport non ricchi per trovare la tranquillità economica necessaria per allenarsi come si deve. Situazione complicata dal coach oltre Atlantico, in Italia, che a mezzanotte gli controllava i video degli allenamenti per correggerlo. Video particolari, ogni volta con un regista diverso, perché Diego si allenava nel dopo lavoro, sul tartan di Campus liceali e spesso a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile... trovare un passante, un benefattore, uno con un minuto, il tempo necessario per passargli il telefonino e farsi riprendere. Importunando passanti, Diego ha portato il personale sui 200 a 20''45, non sufficiente per Parigi, ma poi due benefattori fra i 50 del ranking olimpico si sono ritirati et voilà è arrivato il pass. Va bene essere in aspettativa, ma un briciolo di fortuna ogni tanto aiuta. E così Diego ha coronato il sogno di scendere in batteria per l'Italia ai Giochi.

Ben nota, invece, la vicenda di Carlos Sainz che ha iniziato il 2024 con un contratto milionario con la Ferrari giunto all'ultimo anno, e con la consapevolezza di aver dimostrato di possedere lo stesso talento del compagno Leclerc e magari di saperlo randellare per benino durante la stagione. Invece, a stagione non ancora iniziata la Ferrari gli ha indicato la porta. Non subito, gli ha detto, fra un anno, perché nel 2025 arriverà Hamilton.

Nel dorato e viziato mondo della F1, correre 24 Gp a 300 all'ora da «licenziando», vincendone due, uno da convalescente al rientro dopo un'appendicite, e sempre comportandosi con correttezza verso squadra e compagno, vale come per un impiegato in aspettativa arrivare alle Olimpiadi. Non a caso i tifosi ferraristi gli hanno scritto «grazie Carlos e arrivederci», non addio. A Diego nessuno ha scritto, ma è felice lo stesso.

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